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Bilancio: il Senato convalida l’imposta sui redditi alti e aumenta la tassazione sui capitali

I senatori hanno votato martedì, nel bilancio 2025, il “contributo differenziale” sui redditi alti proposto dal governo, ma hanno anche adottato una serie di misure contro il parere dell’esecutivo per aumentare diverse tasse sul capitale come la “flat tax” e la “tassa d’uscita”. Il pomeriggio è iniziato piuttosto bene per il ministro del Bilancio, Laurent Saint-Martin, che ha visto il Senato convalidare quasi senza modifiche l’imposta sui redditi alti, che avrebbe dovuto fruttare 2 miliardi. euro all’anno fino al 2027. A differenza dei deputati, che avevano deciso di rendere permanente questa nuova tassa sui più ricchi, la Camera alta del Parlamento ha adottato la versione iniziale dell’esecutivo che ne limita la portata a tre anni, “fino alla tassazione dei redditi per 2026” il cui pagamento avverrà quindi nel 2027. Il ministro si è però detto “aperto” a “mantenere” questo prelievo “finché il deficit pubblico del paese non è tornato al 4%”, come aveva già suggerito due settimane fa all’Assemblea nazionale. D’altro canto, ritiene che “non vi sia alcuna necessità di modificare” il contenuto di questa “misura di giustizia fiscale” che stabilisce un’aliquota minima del 20% sui redditi superiori a 250.000 euro annui per una persona sola e 500.000 euro per una coppia senza figli I tentativi della sinistra, minoritaria all’interno della Camera alta, estendere questo “contributo” ai patrimoni più alti è invece rimasto vano. “Sappiamo bene che questi patrimoni sfuggono in gran parte alla tassazione”, ha lamentato la socialista Florence Blatrix-Contat – Totem danneggiati. – Nel processo, tuttavia, il ministro ha subito una serie di battute d’arresto. Innanzitutto sulla “tassa di uscita”, un meccanismo mirato alle plusvalenze creato da Nicolas Sarkozy per scoraggiare l’esilio fiscale, ma svuotato della sua sostanza da Emmanuel Macron che ha ridotto la scadenza da 15 a 2 anni. Durata che solo i senatori hanno deciso di raddoppiare a 4 anni quando i guadagni provengono da un’impresa che ha ricevuto almeno 100.000 euro di aiuti pubblici. “È giunto il momento di correggere il sistema francese di elusione fiscale, in particolare per le grandi imprese”, ha spiegato il centrista Bernard Delcros, il cui gruppo ha fatto pendere l’ago della bilancia mobilitandosi a sinistra e approvando questo emendamento con 173 voti favorevoli e 167 contrari. Stessa configurazione un po’ più tardi un’altra riforma emblematica del Capo dello Stato: la “flat tax”, detta anche “prelievo forfettario unico” (PFU) e che fissa un tetto massimo al 30% dal 2018 il drenaggio dei redditi da capitale, come dividendi o assicurazioni sulla vita. Tasso elevato al 33%, con 174 voti di sinistra e di centro contro 167 di destra e dei macronisti. Con un guadagno previsto di 800 milioni di euro secondo il gruppo radicale RDSE, che ha sostenuto l’emendamento. Terzo totem danneggiato: l’imposta sul patrimonio immobiliare (IFI), istituita anch’essa sette anni fa per sostituire l’ex tassa di solidarietà patrimoniale (ISF). . Se la sinistra ancora una volta non è riuscita a ripristinare l’ISF, è emerso un ampio consenso su tutti i banchi per ribattezzare l’IFI “tassa sulla ricchezza improduttiva”, con un campo di applicazione notevolmente ampliato: terreni edificabili, automobili, yacht e aerei, ma anche criptovalute, conti di risparmio e conti bancari.gbh/ama/hr/dsa

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