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quando il filosofo ceco Jan Patocka si prende cura dell’anima

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Il filosofo ceco Jan Patocka, foto non datata. ARCHIVI JANA PATOCKA

“Platone e l’Europa” (Plato a Evropa), di Jan Patocka, tradotto dal ceco e dal tedesco da Erika Abrams, nuova edizione riveduta e ampliata, Verdier, “Philosophie”, 442 p., €26.

Chi riduce la filosofia a un serbatoio di ricette per soddisfare la nostra aspirazione al benessere o chi la vede solo come una stampella per le scienze difficilmente troverà qualcosa a cui attingere. Platone e l’Europadel ceco Jan Patocka (1907-1977). Questa folgorante serie di corsi impartiti fuori dall’università, all’inizio degli anni ’70, è infatti l’opera di un filosofo che procede al passo dei problemi che il pensiero si è posto nel corso della sua storia, anche se ciò significa riscoprire il nostro tempo, senza esserne schiavo. In questi interventi e dialoghi trascritti si esprime la qualità che era eminentemente quella dei filosofi di terra greca, quella di trasmettere tanto quanto la conoscenza.

Formatosi alla scuola di Edmund Husserl (1859-1938) e Martin Heidegger (1889-1976), Jan Patocka radicalizza qui le intuizioni della corrente fondata dal primo, la fenomenologia, mostrando innanzitutto con chiarezza che oggetto della filosofia è meno l’essere che suo «manifestazione» (o fenomeno). L’essere non è a «scelto» statico posto nel cielo delle idee, ma un processo dinamico di “scoperta”. Patocka aggiunge che questo rapporto con l’essere così concepito ha caratterizzato l’Europa – fin dall’antichità – molto più della dominazione coloniale o del progresso tecnologico. È dalla riduzione di tale domanda di verità che si può misurare il declino del nostro continente e non dalla perdita del suo potere o della sua influenza.

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