A Parigi si è tenuta una commovente manifestazione a sostegno degli ostaggi israeliani a Gaza. Tra speranza e angoscia, i partecipanti attendono febbrilmente l’entrata in vigore di una tregua che potrebbe consentire le prime tanto attese liberazioni. Una giornata ricca di emozioni per tutte le persone colpite da questa tragedia che dura già da 470 giorni…
È stato ai piedi della Torre Eiffel, in una piazza del Trocadéro ribattezzata per l’occasione “place des otages”, che migliaia di persone si sono radunate questo sabato a Parigi. Riuniti in sostegno degli ostaggi israeliani tenuti a Gaza, i partecipanti oscillavano tra sollievo e angoscia, a poche ore dall’entrata in vigore di una tregua che dovrebbe consentire i primi tanto attesi rilasci.
Davanti alla folla, un contatore contava i 470 giorni, ore, minuti e secondi trascorsi in detenzione dai prigionieri del movimento islamico palestinese Hamas. Alcuni manifestanti hanno mostrato le foto degli ostaggi, barrate con uno striscione rosso con la scritta “rapito” o “rapito”. Un simbolo toccante del calvario vissuto dal 7 ottobre 2023, che ha visto il rapimento di 251 persone durante un attacco senza precedenti di Hamas contro Israele.
94 ostaggi sono ancora nelle mani di Hamas
Secondo le informazioni dell’esercito israeliano, 94 di questi prigionieri sono ancora oggi ostaggi a Gaza, 34 dei quali hanno tragicamente perso la vita. Ma la speranza rinasce con l’annuncio di un accordo di tregua che dovrebbe iniziare questa domenica mattina. Difficilmente negoziato, prevede il rilascio di 33 ostaggi israeliani in cambio di 737 prigionieri palestinesi, in una prima fase di scambi spalmati su sei settimane.
Questa tregua è tanto più cruciale in quanto giunge alla fine di una guerra devastante che ha provocato più di 46.000 morti, la stragrande maggioranza dei civili di Gaza. La prospettiva delle prime liberazioni suscita quindi una forte emozione tra le persone vicine agli ostaggi, come ha dimostrato Sylvie Roux-Sicsic, membro dell’associazione Tous 7 Octobre che ha organizzato l’incontro:
Non posso esprimere gioia. È un misto di sollievo se domani ci saranno davvero delle liberazioni e, allo stesso tempo, di grande ansia.
L’angoscia delle famiglie sequestrate
Molte persone condividono questa ansia in Place du Trocadéro. Angoscia per il mancato arrivo di tutti i rilasci promessi, ma anche per le famiglie degli ostaggi che non sono interessate da questo accordo. È il caso di Moshe Lavi, il cui cognato Omri Miran, 47 anni, non figura nella lista dei prigionieri da rilasciare. Sebbene sia felice per coloro che presto si riuniranno ai propri cari, non è meno determinato a continuare la sua lotta:
Chiediamo al pubblico di non cadere nell’euforia ma di continuare a partecipare alle manifestazioni e a parlare a favore degli ostaggi.
Una preoccupazione condivisa da Jean-David Ichay, presidente di Tous October 7, che evoca “una speranza mista a paure”, soprattutto riguardo allo stato di salute in cui si troveranno gli ostaggi liberati. Anche lo stesso accordo di tregua è fonte di sentimenti ambivalenti, come spiega:
Sosteniamo questo accordo, ma comprendiamo anche gli israeliani che sono un po’ scettici riguardo al rilascio dei prigionieri palestinesi, compresi i terroristi che hanno le mani sporche di sangue.
Un percorso disseminato di insidie
Perché la strada verso la pace e la riconciliazione si preannuncia ancora lunga e irta di insidie tra israeliani e palestinesi. Questa guerra e questa presa di ostaggi su larga scala hanno lasciato cicatrici profonde e riacceso le tensioni. Le famiglie in lutto faticano ad accettare il rilascio dei prigionieri con le mani sporche di sangue in cambio dei loro cari, anche se non tutti torneranno.
Ma in questa giornata di incontro, è la speranza a prevalere nonostante tutto. La speranza di vedere finalmente calmarsi il conflitto e riprendere il dialogo. La speranza di riabbracciare un figlio, un marito, un fratello. Questa speranza, queste migliaia di persone venute a sostenere gli ostaggi sono determinate a mantenerla viva. Con la loro presenza, i loro messaggi e la loro determinazione a non dimenticarli, finché tutti non saranno tornati a casa.
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