La storia ha perso un testimone e la Cambogia un amico. François Ponchaud, sacerdote missionario francese, l’uomo che rivelò al mondo la barbarie dei Khmer rossi, è morto il 17 gennaio a Lauris (Vaucluse), casa di riposo dei padri delle Missioni Estere di Parigi, dove si era ritirato dal il suo ritorno in Francia nel 2021.
Nel piccolo regno asiatico della Cambogia, padre Ponchaud è rimasto una voce libera, un critico virulento del regime del primo ministro Hun Sen, denunciando la rapacità dei leader cambogiani così come l’azione degli occidentali.
Prima di essere un uomo di fede, François Ponchaud era un uomo di lingue. Gli alfabeti complessi e le sottigliezze degli idiomi stranieri erano, per lui, altrettante chiavi per comprendere il pensiero dei suoi antenati così come quello del suo vicino. Nato l’8 febbraio 1939 a Sallanches (Alta Savoia), da una famiglia di contadini democristiani, si immerse veramente nella religione imparando il latino, il greco e l’ebraico nel seminario minore.
E quando, da giovane, si unì alle Missioni Estere di Parigi, era già con l’idea di diventare sacerdote in Asia, ispirato dall’esempio di padre André Mabboux, un altro sacerdote di Sallanches partito per l’Estremo Oriente – e avendo, per questo, imparato il mandarino, il tailandese e il laotiano.
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svizzero
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