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Il giudice Bitar riprende le indagini sull’esplosione del porto di Beirut

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Nuovi progressi nel caso dell’esplosione del porto di Beirut: il giudice Tarek Bitar riprende le indagini dopo 2 anni di sospensione. La speranza che le famiglie delle vittime vedano finalmente la luce su questa tragedia. Dettagli sulla ripresa delle indagini qui.

Si tratta di una svolta importante nel caso della devastante esplosione avvenuta il 4 agosto 2020 nel porto di Beirut. Dopo due lunghi anni di sospensione, il giudice indipendente Tarek Bitar, incaricato delle indagini su questa tragedia che ha gettato il Libano nel lutto, ha appena ripreso le sue indagini. Secondo una fonte giudiziaria rimasta anonima, giovedì avrebbe avviato un procedimento contro dieci nuove persone.

Ricordiamo che questa esplosione di incredibile potenza, considerata una delle più grandi esplosioni non nucleari della storia, seminò la desolazione nella capitale libanese. Più di 220 persone hanno perso la vita e più di 6.500 sono rimaste ferite. Intere zone della città furono devastate.

Un giudice determinato nonostante le pressioni

La ripresa delle indagini da parte del giudice Bitar è lungi dall’essere un processo tranquillo. Dal gennaio 2023, questo magistrato rinomato per la sua indipendenza ha dovuto interrompere le sue indagini, sotto la pressione di gran parte della classe politica libanese. Il potente movimento Hezbollah si è opposto in particolare alla sua attività, mentre contro di esso sono state avviate una serie di azioni legali per ostacolarne la missione.

Ma la situazione sembra essersi spostata a favore della rivelazione della verità. L’elezione del nuovo presidente libanese Joseph Aoun e la nomina di Nawaf Salam a primo ministro hanno cambiato la situazione. Entrambi sono impegnati a garantire l’indipendenza della magistratura e a prevenire qualsiasi ingerenza nell’attività dei giudici. Una presa di posizione coraggiosa in un Paese afflitto dalla cultura dell’impunità.

Nuove accuse

Con questo sostegno ai massimi livelli dello Stato, Tarek Bitar ha potuto riprendere il suo lavoro investigativo. Secondo la fonte giudiziaria, egli ha avviato un procedimento contro tre dipendenti del porto e sette ufficiali di alto rango dell’esercito, della sicurezza generale e della dogana. Gli interrogatori di queste persone inizieranno il 7 febbraio.

Altri interrogatori sono previsti per marzo e aprile, questa volta contro personaggi di spicco: tra gli imputati ci sono ex ministri e deputati. Una volta concluse queste udienze, il giudice Bitar intende chiudere le sue indagini e trasmettere il fascicolo al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione. Quest’ultimo avrà poi il compito di esaminare il caso in vista della formulazione di un atto d’accusa.

Rinasce la speranza per le famiglie delle vittime

Questi progressi significativi nelle indagini sollevano un barlume di speranza tra i cari delle vittime, che lottano instancabilmente da più di due anni perché venga fatta giustizia. Cécile Roukoz, avvocato delle famiglie in lutto che ha perso il fratello nell’esplosione, ha detto:

Le promesse fatte dal Presidente e dal Primo Ministro, poi la ripresa oggi delle indagini, ci danno l’impressione che ci sia speranza che i diritti delle vittime, per i quali abbiamo continuato a lottare, non vengano dimenticati.

Un sentimento condiviso da molte organizzazioni per i diritti umani. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, ha chiesto la “ripresa di un’indagine indipendente”. Ha insistito sulla necessità di vedere i responsabili di questa tragedia “ritenuti responsabili” e ha offerto l’aiuto del suo ufficio per raggiungere questo obiettivo.

Lo scandalo del nitrato di ammonio

Al centro di questa tragedia c’è il nitrato di ammonio. A provocare l’esplosione è stato un incendio in un magazzino dove tonnellate di questo prodotto altamente esplosivo erano immagazzinate senza precauzioni. E questo, nonostante i ripetuti avvertimenti rivolti alle più alte cariche del Paese.

Già nel 2020, un primo giudice incaricato delle indagini ha dovuto gettare la spugna dopo aver incriminato l’ex primo ministro Hassan Diab e tre ex ministri. Tarek Bitar è subentrato, attaccando a sua volta i leader politici di alto rango, prima di scontrarsi con gli stessi ostacoli.

Di fronte a questi ostacoli, i parenti delle vittime e numerose ONG internazionali hanno aumentato le richieste per la creazione di una commissione d’inchiesta internazionale. Una richiesta rimasta finora lettera morta, con l’opposizione ufficiale delle autorità libanesi.

Verso la manifestazione della verità?

La ripresa delle indagini da parte del giudice Bitar e l’impegno delle nuove autorità a sostenerlo suggeriscono la possibilità di reali progressi nel rivelare la verità su questa tragedia nazionale. Il primo ministro Nawaf Salam ha dichiarato martedì, nel suo primo discorso, che farà “tutto il possibile per garantire giustizia alle vittime dell’esplosione”.

Dopo due anni di stagnazione e di ostruzionismo, il Libano sembra finalmente pronto ad affrontare questa tragedia e a individuarne i responsabili. Una sfida immensa in un Paese pieno di corruzione e interferenze politiche, ma un passo essenziale per consentire alle famiglie di piangere e alla nazione di ricostruire. Tutte le speranze sono ora concentrate sul giudice Tarek Bitar e sulla sua determinazione nel portare a termine le sue indagini, qualunque siano gli ostacoli.

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