I Paesi del G7 e la Cina valutano i costi di produzione dell’idrogeno secondo precisi criteri economici, al fine di determinare il prezzo di costo (breakeven) accettabile per produttori e utenti finali. Negli Stati Uniti, ad esempio, il settore dei trasporti pesanti in California fissa un punto di pareggio compreso tra 5 e 7 dollari al chilogrammo per competere con il diesel, con un prezzo alla pompa fino a 9 dollari al chilogrammo. Nel settore petrolchimico americano, la scala è molto più bassa: i produttori della costa del Golfo affermano di pagare appena da 0,80 a 1 dollaro al chilogrammo per l’idrogeno standard, il che complica l’integrazione di opzioni più costose a basse emissioni di carbonio. Il divario di prezzo tra l’idrogeno convenzionale e l’idrogeno a basse emissioni di carbonio può essere spiegato dalla maturità tecnologica dei siti che sono già stati ammortizzati e dalla difficoltà di trasferire i costi aggiuntivi al consumatore finale.
Divario di competitività in Europa e Giappone
In Europa, la produzione di idrogeno verde tramite elettrolisi costa attualmente tra 2,50 e 5,50 euro al chilogrammo, a seconda della provenienza dell’elettricità (eolica, solare o nucleare). Gli obiettivi europei si basano su un prezzo compreso tra 1,50 e 2 euro per competere con i combustibili fossili. Studi di settore indicano che in Germania i costi di approvvigionamento per i trasporti pesanti possono arrivare fino a 9 euro per chilogrammo consegnato, mentre nel settore alcune iniziative cercano di compensare il divario attraverso sussidi. In Giappone, dove l’idrogeno è considerato un pilastro strategico, il costo di produzione oscilla tra i 10 e i 12 dollari al chilogrammo. Gli operatori puntano tuttavia a una soglia compresa tra 6 e 7 dollari al chilogrammo per competere con il gas naturale liquefatto (GNL) e incoraggiarne l’adozione nel trasporto pesante. I fattori che influenzano i prezzi includono la disponibilità di energia rinnovabile, la scala di produzione e la capacità di ammortizzare rapidamente gli investimenti. In Giappone, piccoli progetti di elettrolisi, combinati con una forte dipendenza dai combustibili fossili importati, mantengono i prezzi più alti che in Europa. Il governo giapponese sostiene programmi di sussidi e finanzia le infrastrutture per ridurre questi costi. Gli industriali vedono questo come una questione di indipendenza energetica, che giustifica il mantenimento di prezzi più alti rispetto ad altre regioni.
Regno Unito, Canada e Italia: prospettive di riduzione
Il Regno Unito sta investendo nell’idrogeno blu (derivato dal gas naturale con cattura di CO₂) e nell’idrogeno verde per ridurre i costi a 2-3 sterline per chilogrammo entro il 2030, rispetto alle 4-6 sterline attuali per le soluzioni più pulite. I primi progetti, concentrati in poli industriali come Teesside e Humber, mirano a rendere competitivo questo vettore energetico per l’industria siderurgica, petrolchimica e dei trasporti. Il Canada, da parte sua, beneficia di abbondanti risorse idroelettriche per produrre idrogeno verde a circa 4-6 dollari canadesi al chilogrammo. Il suo idrogeno blu, spesso più economico, costa tra i 2 e i 3 dollari canadesi al chilogrammo, favorito dalla vicinanza di giacimenti di gas e siti di cattura della CO₂. L’Italia, integrata nella strategia globale dell’Unione Europea, applica per l’idrogeno verde le stesse fasce di prezzo dei suoi vicini, tra 2,50 e 5,50 euro al chilogrammo. Le sfide riguardano l’integrazione nella rete del gas esistente e la creazione di corridoi di approvvigionamento per sostenere la domanda industriale. Gli aiuti finanziari e la progressiva riduzione del costo degli elettrolizzatori costituiscono i punti chiave che consentiranno ai produttori italiani di puntare ad un prezzo più basso negli anni a venire.
Ruolo centrale della Cina e obiettivi di competitività
La Cina, il più grande produttore mondiale di idrogeno in volume, sta lavorando per abbassare il costo dell’idrogeno verde, attualmente stimato tra i 3 e i 4 dollari al chilogrammo, grazie ai suoi elettrolizzatori prodotti localmente a costi inferiori. Gli obiettivi ufficiali sono di 2,5 dollari al chilogrammo entro il 2030, per competere direttamente con il diesel e il GNL per i veicoli da trasporto pesante. Il rapido sviluppo delle stazioni di rifornimento, già più di 450 nella regione, è accompagnato da iniziative mirate nei settori siderurgico e chimico. La competitività dell’idrogeno in Cina è sostenuta dalle dimensioni del mercato, dal calo dei costi di produzione delle apparecchiature e dalla leadership del governo. Alcune industrie, come la produzione di acciaio all’idrogeno, stanno beneficiando di massicci investimenti per accelerare la transizione. Tuttavia, permangono dubbi sulla riduzione delle emissioni ancora derivanti dall’idrogeno grigio, economico e ampiamente utilizzato.
Impatti settoriali e arbitrati degli attori industriali
Diverse industrie del G7 e della Cina considerano l’idrogeno a basse emissioni di carbonio come una leva per il futuro, ma l’ostacolo principale risiede nel divario di prezzo rispetto al gas naturale o ad altri combustibili tradizionali. I segmenti dei trasporti pesanti e della chimica sono sensibili al minimo costo aggiuntivo e richiedono una precisa soglia di redditività. Negli Stati Uniti, i prodotti petrolchimici del Golfo del Messico preferiscono l’idrogeno grigio a un prezzo compreso tra 0,80 e 1 dollaro al chilogrammo, rendendo difficile integrare un’opzione verde che possa costare il doppio o il triplo di quel prezzo. In Giappone e Canada, i sussidi sono considerati essenziali per incoraggiare le industrie e i comuni ad attrezzarsi. Le politiche pubbliche svolgono un ruolo importante nel guidare gli investimenti e nel fissare i prezzi obiettivo, in particolare attraverso crediti d’imposta, tassi garantiti o meccanismi di sostegno della domanda. Gli operatori industriali sperano così di ammortizzare più rapidamente i loro impianti e di giustificare un prezzo di costo più elevato. I benefici potrebbero includere massicce riduzioni delle emissioni di CO₂, un approvvigionamento energetico più diversificato e una maggiore resilienza alla volatilità dei mercati fossili.
Related News :