Abiti liberty, maglioni di cashmere, giacche di tweed… Il marchio di moda per bambini Bonpoint, ultra premium e sinonimo di eleganza in famiglia, passa di mano e cade nell’ovile del colosso cinese Youngor Group. Il gruppo familiare francese del lusso EPI, proprietario dal 2007 del marchio, che possiede anche i marchi di scarpe JM Weston e gli champagne Heidsieck, dice addio al guardaroba dei modelli bambini. E intasca un bel jackpot. Secondo La Letteral’importo dell’operazione è stimato in 200 milioni di euro per una redditività a doppia cifra.
Sotto la guida di Christopher Descours, presidente dell’EPI, Bonpoint si è trasformata in una stella del prêt-à-porter per i bambini più ricchi. In 17 anni la rete di negozi è triplicata fino a comprendere 130 punti vendita in 30 Paesi, di cui una trentina in Cina, motore dello sviluppo. E questo, nonostante i prezzi stratosferici! Dovrai pagare in media dai 230 ai 350 euro per articolo. Non abbastanza per scoraggiare una clientela elitaria, sedotta dal patrimonio artigianale e dall’immagine del lusso francese. Abbastanza da suscitare desiderio, ovviamente.
Il 50% delle vendite sono effettuate in Asia
Ma chi è questo nuovo investitore cinese che ha messo gli occhi sul marchio francese? Quotato alla Borsa di Shanghai, Youngor Group è specializzato nel settore immobiliare e nel prêt-à-porter maschile di alta gamma, con i marchi Youngor e Mayora. Le sue ambizioni nella moda di lusso non sono nuove: ha già investito in Alexander Wang, Helly Hansen e Undefeated. Con ricavi che sfiorano i 2 miliardi di euro nel 2023Youngor vede in Bonpoint un’occasione d’oro per sviluppare il marchio in Asia, che rappresenta già la metà dei 150 milioni di euro di fatturato. Intende quindi sfruttare l’eredità chic e artigianale della marca francese. E le classi medie asiatiche, sempre più affascinate dai marchi di lusso francesi, rappresentano una fonte di crescita non ancora sfruttata.
L’interesse dei gruppi cinesi per i marchi francesi non è una novità. Sandro, Maje, Claudie Pierlot e perfino Club Med sono già caduti nelle mani degli investitori del Paese. E Bonpoint probabilmente non sarà l’ultimo a soccombere a questa tendenza.
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Ma perché EPI Holding, dal canto suo, ha deciso di voltare pagina? Contattato da Capitalelo studio legale Bredin Prat, specializzato in fusioni e acquisizioni, che ha assistito EPI nell’ambito di questa vendita, non ha voluto risponderci. Ma emergono diverse ipotesi. Il gruppo discreto ha potuto giudicare che il suo potenziale di sviluppo nei mercati maturi aveva raggiunto la saturazione. O forse si considerava troppo piccola per conquistare ulteriormente l’Asia, un terreno impegnativo e ultra competitivo. Infine, impossibile ignorare il contesto: la moda in Francia sta attraversando una crisi, con liquidazioni seriali. Anche se i marchi premium sono più resilienti, la tempesta minaccia. Anche se ciò significa salpare, è meglio farlo prima che cambi il vento.
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