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Russia: minacciati e reclutati con la forza, i migranti dell’Asia centrale si rivolgono a nuove destinazioni

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Diversi decenni dopo la caduta dell’Unione Sovietica, Mosca è riuscita a mantenere il controllo sull’Asia centrale, legata da accordi militari e commerciali al Cremlino. Milioni di migranti provenienti dall’Asia centrale hanno consentito al tasso di fertilità in calo della Russia di accedere a una forza lavoro giovane e poco costosa, desiderosa di inviare rimesse ai propri cari in patria.

Ma in un contesto di guerra in Ucraina e di dilagante xenofobia, l’influenza e il prestigio di Mosca stanno gradualmente crollando nel suo ex cortile, con centinaia di migliaia di lavoratori che ora scelgono di rivolgersi a destinazioni più esotiche, presentando però i propri rischi.

Russia, Paese sempre più a rischio per i lavoratori stranieri

Gli ultimi anni sono stati segnati da un brutale giro di vite sulle comunità dell’Asia centrale che vivono in Russia: attacchi come quello a Crocus Hall nel marzo 2024 stanno rivoltando l’opinione pubblica contro i migranti, mentre l’esercito russo recluta in massa tra gli stranieri stabiliti nel paese per mandarli a combattere in Ucraina.

In solitaria nel Pamir: 4.000 km a cavallo attraverso l’Asia centrale

Di conseguenza, il numero dei lavoratori dell’Asia centrale stabiliti in Russia è crollato dall’inizio del conflitto contro Kiev. Nel 2024 c’erano 350.000 lavoratori kirghisi sul territorio russo, rispetto ai 600.000 del 2023, secondo una conferenza stampa tenuta il 30 dicembre 2024 dal Ministro degli Affari Esteri del Kirghizistan.

Corea del Sud, tra opportunità economiche e sfiducia nelle forze dell’ordine

Di fronte a pericoli crescenti, molti migranti hanno quindi deciso di vendere le proprie mani altrove, come in Corea del Sud. Di fronte a una crisi demografica catastrofica, con un tasso di fertilità che salirà a 0,72 figli per donna nel 2023, Seoul è costretta a ricorrere ai lavoratori stranieri per sopperire alla carenza di manodopera.

Secondo il Servizio uzbeko per la migrazione, citato da Radio Free Europe, 100.000 uzbeki lavorano attualmente in Corea del Sud, mentre Seul ha aperto le porte all’immigrazione di manodopera. Secondo The Diplomat, il governo sudcoreano ha aumentato il numero di visti E-9 (che consentono ai migranti provenienti da 16 paesi di lavorare in diversi settori poco qualificati) a 110.000 nel 2024, rispetto ai 50-60.000 degli anni precedenti. Questa scelta ha dato i suoi frutti a questi migranti: secondo la Banca Centrale dell’Uzbekistan, le rimesse dei lavoratori uzbeki stabiliti in Corea del Sud hanno raggiunto i 450 milioni di dollari durante i primi 10 mesi del 2024, con un aumento del 70%.

La Corea del Sud, tuttavia, è lungi dall’essere un Eldorado per gli uzbeki e altri cittadini dell’Asia centrale: secondo Radio Free Europe, i raid della polizia rimangono numerosi, mentre i recenti disordini politici coreani potrebbero aver influito sul reddito di diversi lavoratori.

Anche per questi migranti le truffe sono numerose. Molti “scafisti” offrono l’accesso all’Occidente oltre a un visto di lavoro in cambio di ingenti somme: la prospettiva di un reddito immensamente superiore a quello del Paese d’origine è spesso troppo allettante, spingendo i lavoratori ad accettare queste offerte e a pagare diverse migliaia di euro. dollari agli intermediari che poi spariscono nel nulla.

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