Foto di Jack Simon/cortesia
Se sei come me, hai aspettato con impazienza ogni trailer di “Nosferatu”, emozionandoti ogni volta che senti quel nome di quattro sillabe. E indovina un po’? “Nosferatu” riesce a mantenere le sue promesse! Certo, il film si esaurisce un po’ a circa due terzi della fine, ma nel complesso è un’opera quasi innegabilmente sublime.
È interessante notare che il motivo per cui “Nosferatu” inizia a vacillare è anche uno dei suoi maggiori punti di forza. Quasi ogni film, indipendentemente dal genere (azione cruenta, dramma di prestigio o film più leggeri), richiede una certa leggerezza. Un momento di tregua comico per rinvigorire il pubblico quando le cose diventano troppo monotone. In “Nosferatu”, un tentativo del genere viene tentato una sola volta, ma riesce grazie all’innegabile prestazione di Willem Dafoe. Il regista Robert Eggers non si preoccupa veramente delle aspettative del suo pubblico, e questo è il suo merito. Guarda “The Lighthouse” e scoprirai che non lascia tempo per soddisfare i desideri dello spettatore. Devi andare da lui alle sue condizioni o scegliere un altro film.
Non appena il male arriva nella piccola cittadina tedesca di Winsberg, il film comincia a bloccarsi. Cadiamo allora nella trappola di pagina 72, la seconda metà del secondo atto, dove la creatività sembra estinguersi. A questo punto, Eggers non ha molto da dire, e la storia sembra ridursi a una conclusione logica, ma completamente folle. Essere così testardi può essere un punto di forza, ma serve anche da monito a questi artisti testardi e talentuosi: attenzione a non cadere nella monotonia.
Tuttavia, è proprio questa devozione alla propria arte che rende i primi due atti di “Nosferatu” così affascinanti. Meglio descritto come un film horror artistico, questo è forse il film più vicino a questo nirvana cinematografico dai tempi dell’illustre “L’Esorcista”. Il talento di Eggers è innegabile ed è piacevole vedere un film diretto da un regista con un background in scenografia. Uno strano paragone, ma quest’opera ricorda anche il recente “Saltburn” per l’immersione che la sua messa in scena fornisce. Senza una direzione artistica, una scenografia e un costume impeccabili, il film sarebbe crollato. Il rischio di entrare in una melodrammatica depressione gotica, oscillando tra autocompiacimento e lavoro serio, sarebbe stato troppo alto. Eggers ha questa incredibile capacità di creare un’atmosfera capace di risucchiarti come un vortice, facendoti dimenticare che sei in un cinema, che stai guardando qualcosa, che sei vivo.
Eggers non esita nel suo lavoro di ripresa e nell’illuminazione. In meno di dieci minuti, introduce due motivi di luce e inquadratura, che si ripetono nel corso del film per rafforzare questa impressione di soffocamento e di spazio limitato che ne è il perno. Le scene notturne, ad esempio, sono illuminate dalla luce della luna, creando un’atmosfera oscura e lasciando trasparire le espressioni facciali. Per quanto riguarda gli interni, sono spesso immersi in un controluce drammatico che crea splendide silhouette, mantenendo un’atmosfera misteriosa anche durante le scene diurne.
L’inquadratura è essenziale, e qui ce n’è molta. Eggers filma costantemente con un fotogramma all’interno di un fotogramma e talvolta anche con un secondo strato di fotogramma all’interno. Da questa moltitudine di fotogrammi riesce a piegare forme che sembrano crescere verso il soggetto, o a creare un altro inquadrare i personaggi uno di fronte all’altro sul bordo dell’inquadratura della telecamera. Realizzare tali manovre, avendole costantemente in mente e, soprattutto, impegnandosi a mantenerle durante un periodo di riprese che dura diversi mesi, è un’impresa di grande complessità.
Oggi Eggers si è saldamente affermato come uno dei migliori registi di Hollywood. Un artista capace di gestire un budget elevato e allo stesso tempo di realizzare un film che rimane fedele alle sue radici mentre si avventura in territori inesplorati. Padroneggia tutti gli aspetti della produzione e dirige i suoi attori in modo che si immergano in questo universo da lui creato. Non gli chiedo di abbandonare ciò che lo rende originale, perché è proprio questa caratteristica che lo rende prezioso, ma che capisca che un film deve avere dinamica affinché il pubblico possa continuare a cavalcarne l’onda.
Voto recensione: 7,7/10
Articolo originale scritto da: Jack Simon.
Questo film solleva domande interessanti sulla visione artistica e sull’equilibrio tra le esigenze del pubblico e la volontà creativa dei cineasti. Come interagiscono questi elementi nel panorama cinematografico attuale?