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Ucraina, Medio Oriente, Trump… Cosa aspettarsi dal 2025, in un mondo instabile?

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Nessuno sa in quale nuovo teatro di operazioni si scatenerà la furia mondiale nel 2025. Gran parte dell’incognita incombe sulle relazioni internazionali, per le quali il principio di incertezza sembra essere diventato la regola d’oro. Negli ultimi tre anni abbiamo assistito a numerosi sconvolgimenti a cascata, tutti imprevisti. L’anno 2025 ci impone quindi un dovere di umiltà, ma anche un obbligo di allerta permanente di fronte ai capovolgimenti delle situazioni.

Verso la fine del conflitto in Ucraina?

Si prevedeva che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022 (quasi tre anni fa) avrebbe reso Kiev una facile preda; È successo esattamente il contrario, l’Ucraina ha inflitto gravi battute d’arresto a Vladimir Putin. Poi l’improvviso aumento dello sforzo bellico ha restituito alla Russia il controllo: nel 2024, nel corso dei mesi, abbiamo dovuto constatare il declino delle forze ucraine, ad eccezione della resilienza, in una terza fase del conflitto, a Kursk, in territorio russo. , dove infuriano anche i combattimenti. Quale sarà il passo finale prima dell’eventuale negoziato per un cessate il fuoco, per il quale spinge l’intera comunità internazionale? Nel 2025, senza sperare in un esito (tutt’altro), possiamo almeno aspettarci l’inizio di una fase necessariamente transazionale del conflitto.

In Medio Oriente, il massacro del 7 ottobre 2023 ha lasciato il posto a un terremoto terrestre la cui onda d’urto non si ferma più; gli effetti della risposta di Israele superano di gran lunga l’annientamento della Striscia di Gaza. Il rovesciamento di Bashar al-Assad deve essere considerato un evento inseparabile dai durissimi colpi inferti da Israele all’Iran. Di conseguenza, la Russia si trova in grandi difficoltà in Siria, dove, appunto, Vladimir Putin ha ottenuto il suo guadagno internazionale più significativo dall’intervento dell’aeronautica russa nel settembre 2015.

Iran e Russia KO in Siria

Iran e Russia sono stati messi fuori combattimento quasi contemporaneamente dai ribelli islamici siriani. Si tratta di un doppio primato: per i mullah, che vedono crollare la loro strategia d’influenza fino al Mediterraneo, e per i russi, che sono sul punto di perdere l’esclusiva struttura militare siriana grazie alla quale rifornivano, per quanto riguarda il Sahel, le loro truppe (regolari o irregolari) responsabili della destabilizzazione degli occidentali (soprattutto francesi) in Africa.

Ma ciò è stato possibile solo grazie all’evidente coinvolgimento della Turchia di Recep Tayyip Erdogan. Che hanno approfittato dell’eliminazione dei satelliti diretti dell’Iran (Hamas e Hezbollah) da parte delle forze israeliane per entrare in scena e sostenere in maniera decisiva gli jihadisti nella conquista di Damasco. La facilità con cui Russia e Iran sono stati espulsi dalla scena siriana (dopo aver chiaramente abbandonato Bashar al-Assad al suo destino) non ha mancato di stupire anche gli strateghi turchi. Tuttavia, per il popolo siriano, il giubilo della liberazione si accompagna alla preoccupazione di vedere i nuovi padroni del Paese, fino a poco tempo fa affiliati ad Al-Qaeda, instaurare una forma di sharia che, anche se annacquata, resta l’espressione della oppressione da parte della religione.

Tutta questa sequenza testimonia notevoli modifiche strategiche, che si rivelano incontrollabili. Un altro esempio è la Corea del Nord, che sperava in così tante ricompense dalla Russia in segno di gratitudine per i 12.000 uomini inviati a combattere gli ucraini in prima linea, ora vede le sue forze d’élite decimate come una trappola a palla. Quale sarà il prossimo passo?

Trump in sordina, l’Europa al collasso

Tanti temi che gli Stati Uniti osservano con attenzione, mentre si avvicina l’insediamento della nuova amministrazione Trump. Con cautela, il 47esimo presidente americano non promette più un risultato spettacolare “in 24 ore”, come ha fatto con l’Ucraina. Sta andando avanti a un ritmo più lento, rendendosi conto che con l’inaspettata reazione della Russia in Medio Oriente, l’America sta trovando spazio per l’azione, ancora una volta inaspettato.

Ma la questione più urgente riguarda l’Europa, i cui due tradizionali “motori”, Parigi e Berlino, sembrano seriamente guasti. Coabitazione da una parte, coalizione dall’altra, sfondamento della destra nazionalista in entrambi i casi: i prossimi mesi saranno decisivi per uscire dalla routine, a meno che la crisi non continui. Entrando nel 2025, ci troviamo di fronte a molte domande e vediamo emergere pochissime risposte. Un motivo in più per approfondire e rafforzare i valori che sostengono le nostre democrazie di fronte al disordine mondiale.

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