Anche Geoffrey Moncada, direttore tecnico del Milanha parlato all’evento all’università di Harvard dedicato al caso del club rossonero: “Il direttore tecnico è il collegamento tra l’allenatore, i giocatori e il resto del lato sportivo da un lato, e il lato commerciale dall’altro. Rispondo a Giorgio e parlo con lui ogni giorno, più volte al giorno. Cerco di condividere quante più informazioni possibile. Come stanno i giocatori? Di cosa abbiamo bisogno per il futuro? Quali contratti dobbiamo cambiare? Cosa possiamo migliorare nel reparto medico o nel settore giovanile? Abbiamo una squadra di dieci scout che lavorano con noi: cinque sono in Italia e cinque all’estero, e abbiamo data scientist a Casa Milan che ci aiutano a trovare giocatori con i dati”.
Sulle chiamate con Billy Beane ogni lunedì: “Ci fa domande, ci dà idee e ci aiuta a trovare buoni giocatori con i dati di Zelus (compagnia di analisi dati dei giocatori, ndr) ma la decisione finale su un giocatore non si basa mai solo sui numeri”.
Sui profili ideali del Milan e sull'esempio Reijnders: “Stiamo prendendo rischi calcolati con giovani giocatori piuttosto che acquistare grandi nomi con stipendi elevati. Forse non avrai un successo immediato in questo modo, ma costruisci per il lungo termine. Reijnders giocava nel campionato olandese e siamo stati gli unici a puntare su di lui. Ti chiedi: è un grande giocatore—perché nessuno lo vuole? Siamo riusciti a prenderlo a un ottimo prezzo. E ora è titolare da noi e gioca per la sua nazionale”.
Su altri profili sfumati: “Abbiamo provato a ingaggiare [all’epoca 17enne] Vinicius Jr. e [all’epoca 20enne] Jude Bellingham, ma non potevamo competere con il Real Madrid. Dobbiamo accettarlo. Negli ultimi anni abbiamo portato grandi giocatori al club, e come ex scout vedo come una sfida personale l’obiettivo di prendere giocatori sottovalutati e farli performare al massimo livello.”
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