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“Mufasa”, prime impressioni positive per il film Disney

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Col ricordo di chi ha amato fin da bambino il classico Disney del 1994,“Mufasa” si prepara finalmente a debuttare in sala animando più che mai la stagione natalizia al fianco del campione d’incassi “Oceania 2”. Adottando lo stile del remake uscito nel 2019, il prequel affronterà la storia del giovane leone che diventerà il futuro re delle Terre del Branco, seguendo i racconti del saggio Rafiki alla piccola principessa Kiara. Dai vari flashback che andranno a comporre la trama scopriremo un Mufasa orfano e in solitudine, ma passerà poco prima che il cucciolo di leone incontri Taka, un leone di nobile lignaggio che sceglierà di sostenerlo lungo il cammino. Al fianco di vecchi e nuovi compagni, il gruppo darà il via a un entusiasmante avventura alla volta del proprio destino; ma la presenza di un misterioso antagonista potrebbe interferire pericolosamente sulle loro sorti.

Diretto da Barry Jenkins, regista del premiato agli Oscar “Moonlight”, il titolo ha suscitato inizialmente varie perplessità, col timore che potesse trattarsi dell’ennesima manovra di marketing facile e poco ispirata. Le impressioni della stampa specializzata sembrano tuttavia aver scongiurato questo esito, descrivendo “Mufasa” come “una storia che merita d’esser raccontata” e uno dei film più meritevoli attesi per il periodo di Natale. Tra i vari commenti, segnaliamo quello di Jazz Tangcay per Variety, che scrive: “Mufasa: Il Re Leone è il prequel perfetto. Realizzato così meravigliosamente. Le canzoni di Lin-Manuel Miranda e la colonna sonora di Nicholas Britell sono assolutamente divine, musica per le orecchie. Gioia pura”. Anche la critica Dana Abercrombie ha speso ottime parole sul film: “una storia che merita di essere raccontata e che ti fa dubitare di cosa sia il destino. Scritto e realizzato con perizia, si aggiunge al franchise di Il Re Leone offrendo maggior profondità ai personaggi che amiamo e che pensavamo di conoscere. Gli effetti visivi sono sorprendenti”.

E sulla stessa linea si collocano le impressioni di Chris Killian per ComicBook: “Un prequel de Il Re Leone non era qualcosa che sognavo di vedere, ma l’animazione è incredibile, le canzoni di Lin-Manuel Miranda sono contagiose e le performance vocali rendono Mufasa – oserei dire – migliore della versione de Il Re Leone del 2019.” Meno entusiasta invece il parere espresso da Michael J. Lee, che afferma: “è un inaspettato prequel con immagini e fotografia straordinarie, ma contiene canzoni scadenti che portano avanti con fatica una storia artificiosa. Va bene per coloro che sono interessati a conoscere le origini di Mufasa e Taka. Almeno l’umorismo offre risate e leggerezza”. La scelta di uno stile fotorealistico ha creato confusione tra i consumatori fin da “Il Re Leone” del 2019, incerti se considerare il nuovo ciclo di film dei live action o dei lungometraggi animati.

La questione è tornata in ballo a breve distanza dall’uscita di “Mufasa”; a fare chiarezza è intervenuto Barry Jenkins in una recente intervista, affermando in maniera netta e inequivocabile: “Assolutamente sì, è un film d’animazione. Sono in costante comunicazione con questi animatori che cercano di manipolare questi modelli in qualche modo fotorealistici in modo espressivo. Per questo motivo, non lo considero un live-action. Lo considero un film d’animazione. È solo uno strumento molto diverso”. Al termine di questa esperienza, il director ha rivelato in un’intervista a Vulture di voler tornare a dirigere con attori in carne e ossa: “Non è il mio mondo, voglio tornare a lavorare in un altro modo, dove ci sia tutto fisicamente presente.” Per omaggiare inoltre il ricordo di James Earl Jones, storico attore americano e voce del primo Mufasa scomparso lo scorso settembre a novantatré anni, Jenkins ha deciso d’inserire negli opening credit alcune tracce vocali originali. Ripensando al suo impatto sulla scena di Hollywood e Broadway, ha poi dichiarato: “Se penso a cosa rappresenta James Earl Jones, non solo per me ma per il pubblico globale… tutti sanno che sono cresciuto senza una figura paterna, e quando guardi questi film vedi i padri che diventano una sorta di surrogato. Diventano delle figure paterne”.

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