La selezione non è stata facile. L’estrema destra ha proposto Elon Musk, il che sarebbe ridicolo se non riflettesse un errore o addirittura una cecità politica. Il voto è stato più serrato, tra la proposta del gruppo dei liberal-centristi alleato dei socialdemocratici, che optano per l’ingerenza nelle opinioni sul Medio Oriente, e i conservatori del Partito popolare europeo che hanno vinto la decisione associandosi ad altri gruppi piuttosto che far parte della coalizione tripartita.
Sforzati di essere positivo
Come è stato indicato anche in Il Libero Sophie Wilmès, vicepresidente del gruppo Renaissance (Renew), l’obiettivo era sostenere due organizzazioni di donne e giovani che vogliono far uscire la loro comunità dal ciclo infernale di aggressione/repressione: Women of the Sun, associazione palestinese dalla Cisgiordania e dalla Striscia di Gaza, lavorando per la pace attraverso la consapevolezza culturale; e Women Wage Peace, associazione arabo-ebraica, per la promozione della pace attraverso la non violenza e la partecipazione delle donne ai processi negoziali.
Molto prima che scoppiasse la guerra, causata dagli orrori commessi da Hamas, queste due associazioni avevano concluso dei partenariati che ancora oggi si sforzano di rendere positivi, nonostante i pericoli.
Questa guerra arabo-israeliana sembra essere solo una questione maschile. Le donne non compaiono mai nei media, tranne quando le immagini delle vittime dei bombardamenti o delle sofferenze umane riflettono le atrocità del conflitto.
La cricca di Netanyahu è maschile. Per quanto riguarda Hezbollah o l’Iran, la considerazione che possiamo riscontrare nei confronti del gentil sesso è limitata, come sappiamo, alla trama del velo.
Ci sono voluti decenni, qualche opera di narrativa, reportage e testimonianze sulla vita quotidiana e sul sostegno all’economia per farci scoprire il lavoro delle donne dai 14 ai 18 anni, mentre i mariti morivano in trincea.
Scommetti sul futuro
Onorare il duo formato da Women of the Sun e Women Wage Peace sarebbe stato scommettere sul futuro, dimostrare che rimane uno spiraglio di possibile convivenza pacifica attraverso e oltre le spaventose tragedie e le infami mostruosità. Convincere e persuadere che la paura contiene speranza mentre il disgusto suscitato da un’ostinazione omicida può disintegrarsi senza tradire la memoria.
Gaza: siamo antisemiti impliciti?
Il Parlamento europeo ha perso l’occasione di entrare nella storia immediata aprendo una finestra diversa su un conflitto impantanato in una sorta di impasse segnata dal disprezzo e dal disgusto. La cerimonia di consegna del Premio Sakharov si svolgerà il 18 dicembre a Strasburgo. Quel giorno, se Maria Machado sarà ancora incoronata con il Premio Vaćlav Havel per i diritti umani con cui il Consiglio d’Europa le ha conferito poche settimane prima, se Edmundo Urrutia tornerà in Spagna dove ha ottenuto asilo, non c’è dubbio che durante i discorsi e le congratulazioni, i bambini e le donne verranno ancora uccisi a colpi di arma da fuoco e dalle bombe, nella polvere di un Medio Oriente dove la parola pace deve sempre mantenere il significato, se non altro per preservare la dignità umana.
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