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Bilancio: niente panico per la Francia, ma quale strada per la sinistra?

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Nell’attuale situazione politica, le cui parole chiave sembrano essere “confusione”, “incertezza”, “blocco” e “impasse”, le questioni economiche e di finanza pubblica occupano, come sappiamo, un posto più centrale che mai.

Proprio in occasione della votazione del PLFSS (legge finanziaria sulla previdenza sociale) è scattato l’articolo 49, comma 3 della Costituzione, che ha scatenato la mozione di censura e la caduta del governo di Michel Barnier.

Sono le finanze pubbliche, se vogliamo credere a Emmanuel Macron, che avrebbero avuto un ruolo importante nella sua decisione di sciogliere l’Assemblea nazionale. “Questa decisioneha detto nel suo discorso ai francesi il 5 dicembre, era ai miei occhi davvero inevitabile. (…) [Car] molti leader politici stavano già annunciando la censura per questo autunno”censura che avrebbe dovuto riguardare la votazione sul bilancio.

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Infine, la volontà di non rinunciare ad una politica economica di “competitività” e di “tabù” fiscale non è forse la motivazione principale del suo rifiuto di nominare un Primo Ministro tra le principali forze politiche del nuovo emiciclo, i Nuovi Popolari? Fronte (secondo le pratiche del Ve Repubblica), e la sua scelta di un uomo appartenente ad un partito – i Repubblicani – che è solo la quarta forza politica e che non aveva invocato il Fronte Repubblicano, unico vero vincitore delle elezioni europee?

Uno scenario greco?

Minacce di “tempesta” economica e finanziaria sono state lanciate anche dai sostenitori del governo, guidato dall’ex primo ministro, nel tentativo di impedire il voto sulla mozione di censura. Un voto reso però inevitabile dal rifiuto di Michel Barnier di negoziare con la sinistra e dalla sua ricerca di un “compromesso” con l’estrema destra, abbattendo così un nuovo argine.

Senza tema di ridicolo, molti hanno affermato che, in caso di censura, l’assenza di un bilancio ci condannerebbe a fermare all’americana, minacciando gli stipendi dei dipendenti pubblici, le pensioni, l’assistenza sociale e perfino le carte Vitale bloccate – quando i costituzionalisti, molto rapidamente, ci hanno spiegato i meccanismi della “legge speciale”, delle ordinanze dell’articolo 47 e perfino dell’art. 16.

Molti sono stati anche coloro che ci hanno spiegato che l’aumento si diffonde osservato sui mercati finanziari (differenza con la Germania nei tassi sul debito pubblico a dieci anni) ha inevitabilmente portato la Francia a un destino simile a quello della Grecia negli anni 2010.

Uno scenario tanto più credibile, hanno detto, in quanto i tassi francesi in dieci anni hanno superato quelli della Spagna e, per un momento, hanno addirittura raggiunto quelli del debito greco. Ma si sono dimenticati di dire che al culmine della crisi, la Grecia stava pagando più del 20% del PIL in interessi sul debito e che i tassi di interesse che stava vivendo ammontavano a più del 35%!

La censura è passata, non è stato osservato alcun collasso. E l’aumento si diffonde non era commisurato a quello causato dallo scioglimento

Tuttavia, la censura è passata e non è stato osservato alcun collasso. Certamente il diffusione ha fatto ulteriori progressi (superando gli 80 punti), e alcuni vedono la mano della Banca Centrale Europea (BCE) dietro questa restrizione del mercato. Tuttavia, i tassi decennali hanno ripreso la discesa che avevano sperimentato dall’inizio di novembre (passando dal 3,2% al 2,9% di oggi, ben lontano dal 3,6% raggiunto a fine 2023), spinti dalla riduzione dei tassi di riferimento della Bce.

Soprattutto, un tale aumento si diffonde è stato incommensurabile rispetto a quello causato dallo scioglimento (visto che poi sono passati da 50 punti a 80 punti in pochi giorni). I tassi di copertura delle aste effettuate dal Tesoro il 6 dicembre sono stati superiori a 2,5. Per quanto riguarda il CAC40, ha quasi smesso di salire dalla fine di novembre…

Una situazione comunque difficile

Nessun nugolo di locuste all’orizzonte, quindi. Ma questo significa che la situazione economica è buona? Lungi da ciò! La crescita è debole, la disoccupazione è in aumento dal 2023 (contrariamente a quanto accade nel resto d’Europa), i piani sociali e i fallimenti sono in aumento.

Sappiamo anche che i conti pubblici sono peggiorati notevolmente, con un deficit che dovrebbe attestarsi al 6,1% per il 2024 secondo il disegno di legge di fine gestione presentato dal governo uscente, e un debito che raggiunge il 112% del Pil, tornando ad aumentare a partire dal fine del 2023 (con la fine dell’inflazione).

E l’incertezza politica può solo peggiorare la situazione economica, come hanno dimostrato i recenti lavori dell’UFC. Se molti di noi dubitavano dell’ipotesi di crescita adottata dal governo uscente per costruire il suo budget per il 2025 (all’1,1%), ora appare ancora più irrealistica.

Questa ipotesi presupponeva infatti che le famiglie rinunciassero al loro comportamento di risparmio eccessivo – che in realtà non hanno mai abbandonato dopo la crisi sanitaria – e che le imprese tornassero sulla via degli investimenti. Per non parlare delle minacce che l’elezione di Donald Trump pone all’intera economia europea.

Quale strategia per la sinistra?

La sinistra deve quindi, oggi, fare di tutto per modificare la politica economica portata avanti da Emmanuel Macron dal 2017. Il “trickle down” non c’è stato.

Questa politica socialmente ingiusta, unita alla crisi sanitaria e a quella inflazionistica, ha indebolito i servizi pubblici e deteriorato significativamente la situazione dei conti pubblici, privando lo Stato di entrate attraverso tagli fiscali non compensati, come hanno affermato gli ex ministri intervistati dalla commissione del Senato sulla deriva i conti pubblici si rifiutarono assolutamente di ammetterlo: né responsabili, né colpevoli!

La sinistra deve fare di tutto per modificare la traiettoria delineata nel bilancio presentato da Michel Barnier. In effetti, il proposto brutale ripristino dei conti pubblici (2 punti di PIL) rischiava in realtà, frenando la crescita, di ampliare ulteriormente il deficit e aumentare ulteriormente il debito, come hanno dimostrato numerosi studi (in particolare quelli del Fondo di politica monetaria internazionale e una recente sintesi) , o come ha detto esplicitamente Olivier Blanchard in un dibattito con Gabriel Zucman.

Esiste un percorso di bilancio che non sacrifica né il nostro modello sociale né i nostri servizi pubblici e che consente grandi investimenti per il futuro

Come ha affermato quest’ultimo, esiste una via di bilancio che non sacrifica né il nostro modello sociale né i nostri servizi pubblici, che consentirebbe grandi investimenti per il futuro (sanità, istruzione, ricerca ed ecologia) e quelli imposti dalle nuove tensioni geopolitiche. Ma questo percorso richiede l’eliminazione del “tabù dell’aumento delle tasse” soprattutto sui grandi patrimoni.

La sinistra deve anche cercare di convincere l’Europa che la traiettoria di una ripresa troppo rapida dei conti pubblici non solo indebolisce il suo modello sociale, rischiando di amplificare l’ondata populista che la sta travolgendo, ma le impedisce di effettuare gli investimenti essenziali per prepararsi per il futuro.

La sua partecipazione al governo deve avvenire solo a questo prezzo. Riuscirà a convincere i sostenitori di Emmanuel Macron e della cosiddetta destra repubblicana? Niente sembra meno certo. Se così non fosse, dovrà lavorare instancabilmente per tracciare un percorso politico diverso da quello che verrà seguito.

Il richiamo di principi e valori, l’enunciazione di linee rosse o verdi non può infatti bastare, e solo così potrà riconquistare la fiducia dei nostri concittadini che ogni giorno si allontanano dai partiti in ciò che Vincent Tiberj la definisce una “grande rassegnazione”.

Il rischio, altrimenti, è quello di un ulteriore rafforzamento dell’estrema destra.

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