Le immagini agghiaccianti dell’omicidio avvenuto davanti alla stazione di polizia di Hayange nel 2021 sono state mostrate all’udienza di questo martedì. Il processo dovrebbe durare tutta la settimana.
“Riconosco i fatti di omicidio di cui sono accusato, non posso negarli perché esistono dei video”: Liridon Berisa ha ammesso immediatamente martedì l’omicidio della sua compagna nel 2021 a Hayangeil primo giorno del processo davanti all’Assise della Mosella, dove sono state trasmesse le immagini agghiaccianti della videosorveglianza.
L’uomo di 26 anni, nato in Kosovo, ha ucciso la sua compagna Stéphanie Di Vincenzo davanti alla figliaun omicidio particolarmente sordido che aveva suscitato polemiche sul ruolo svolto dalla giustizia e dalla polizia: Liridon Berisa aveva infatti gli ha strappato il braccialetto elettronico il giorno prima dell’accaduto, senza che questo desse il minimo allarme.
“All’inizio della mia carcerazione non ci credevo. Con il tempo ho finito per accettare il gesto che ho fatto. So che non ho fatto un piccolo gesto, che avrei potuto scioccare la gente, ma io non sono un delinquente”ha dichiarato martedì l’imputato, che rischia l’ergastolo.
Serge Ebel, psicologo, osserva che l’accusato ha UN “bassa tolleranza alla frustrazione” e un “appetito per le sostanze tossiche che possono aumentare le sue disposizioni temperamentali”.
Una descrizione che non piace affatto a Liridon Berisa: “Questo signore sta cercando di farmi sembrare un malato, non sono uno psicopatico, sono un padre di famiglia! Se le cose non vanno bene prendo i miei colpi e vi lascio discutere”minaccia.
Stéphanie ha pugnalato più volte davanti alla stazione di polizia… che era chiusa
Nella notte tra il 23 e il 24 maggio 2021, ha avuto luogo un violento alterco tra Liridon Berisa e la vittima nella loro casa di Hayange.
Stéphanie Di Vincenzo, 22 anni, scappa dalla finestra, indebolita e insanguinata. Diversi testimoni l’hanno vista correre verso la stazione di polizia, situata a 40 metri dall’abitazione. Ma la stazione di polizia è chiusa…
L’imputato la raggiunge per strada e lo accoltella più volte davanti ai vicini e sotto gli occhi della loro figlia di 3 anni. Poi getta la sua arma lunga 25 centimetri in un bidone della spazzatura e fugge.
Nel pomeriggio è stata mostrata in aula l’agghiacciante registrazione della telecamera di videosorveglianza della stazione di polizia di Hayange, davanti alla quale si è svolta parte dei fatti.
Possiamo vedere Stéphanie Di Vincenzo che tenta di respingere il suo aggressore ma riceve tre colpi dall’accusato, dotato di una grossa lama.
Interrogato in udienza sulla chiusura del commissariato notturno, il direttore delle indagini ha risposto così “qualsiasi cittadino dirà sì”, una stazione di polizia deve essere aperta 24 ore su 24. “Se la questura fosse stata aperta… Ma con i se…”
Tra gennaio 2018 e novembre 2020 la polizia è intervenuta dieci volte a casa della coppia. Stéphanie Di Vincenzo voleva lasciare il suo compagno, descritto dai testimoni come“estremamente violento, alcolizzato e geloso”. La Di Vincenzo aveva presentato denuncia nei suoi confronti nel novembre 2020, ma la denuncia non era stata denunciata alla Procura.
L’allora pubblico ministero di Metz, Christian Mercuri, aveva smentito tutto, all’indomani della tragedia “disfunzione dei servizi giudiziari”, riconoscendo tuttavia che “in un mondo ideale”le denunce presentate dalla vittima contro il coniuge violento avrebbero dovuto essere presentate alla Procura.
Il sospettato aveva già rapito un’ex fidanzata
Una missione d’ispezione lanciata da diversi ministri non se ne era accorta “nessuna violazione” nelle decisioni prese prima dell’omicidio. “L’atteggiamento spesso confuso di questa coppia, con scontri seguiti, a volte immediatamente, da riconciliazioni, avrebbe potuto portare a banalizzare questa situazione da parte dei servizi di polizia”è stato scritto.
Tuttavia, martedì l’udienza è stata ricordata Liridon Berisa, allora solo 17enne, aveva già rapito la sua prima fidanzata, rapita in Belgioe che ha minacciato di farlo “brucialo o mettilo sul marciapiede”. Il che gli è valso una prima pena detentiva.
Rifugiato politico, l’imputato è stato anche condannato a un anno di reclusione per diversi reati stradali. Aveva beneficiato di una riduzione di pena e gli era stato messo un braccialetto elettronico pochi giorni prima dei fatti. Un braccialetto di cui si era sbarazzato il giorno prima dell’omicidio.
Secondo il rapporto di ispezione, l’aereo aveva subito a “malfunzionamento inspiegabile” al punto che, pur essendo stato strappato, non si era innescato “nessun allarme al centro di monitoraggio”.
L’udienza è stata sospesa martedì sera e riprenderà mercoledì mattina. Venerdì è attesa la sentenza.
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