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La domanda del giorno. François Bayrou sarebbe un buon primo ministro?

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Questa volta, però, il capo dello Stato aveva promesso di agire rapidamente, secondo diverse persone a lui vicine. Il bilancio 2025, all’origine di tutte le tensioni, non può aspettare indefinitamente la fine della crisi.

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E il capo dello Stato, procrastinando troppo, rischia di lasciare che prenda un po’ più piede la poca musica di sinistra e di estrema destra sull’inevitabilità delle sue dimissioni, per mancanza di stabilità di governo.

La riapertura di Notre-Dame gli ha sicuramente offerto una parentesi incantata. Per un fine settimana, il mondo ha potuto godersi la rinascita di uno dei simboli di Parigi e della Francia, devastato nel 2019 da un incendio.

Dopo questo momento di “comunione” nazionale, lunedì si torna all’attualità per il governo uscente di Michel Barnier e per il presidente, senza in questa fase alcuna fumata bianca in prospettiva.

Per il presidente è nebbia totale. Atterra a malapena dopo Notre-Dame e utilizza le consultazioni per risparmiare tempo riassume un parente.

Ulteriori consultazioni

Dopo i socialisti e i repubblicani (LR), venerdì mattina Emmanuel Macron ha ricevuto gli indipendenti (Liot), i comunisti e gli ambientalisti.

E probabilmente martedì riunirà nuovamente le forze politiche – escludendo il Raggruppamento Nazionale – per una consultazione più ampia, hanno indicato le tre delegazioni al termine dei colloqui con il presidente.

Lì, magari in giornata, domani, farà una proposta di metodo […] Continua oggi a consultarsi per considerare un incontro di tutte le forze e i gruppi che vogliono trovare una soluzione ha dichiarato il capo del PCF Fabien Roussel.

Dopo il precedente Barnier, il presidente ha anche indicato, secondo il capo degli ecologisti Marine Tondelier, che la soluzione non poteva più basarsi su un accordo con il Raduno Nazionale .

Nel frattempo continuano a spuntare nomi per Matignon, Sébastien Lecornu giovedì, François Bayrou venerdì, Catherine Vautrin, perfino Jean-Yves Le Drian lunedì senza che la roulette sembri voler interrompere il suo corso.

Tutti si trovano ad affrontare la stessa sfida, l’inebriante aritmetica risultante dalle elezioni legislative post-scioglimento che ostacola qualsiasi ricerca di una maggioranza capace di sfuggire alla censura, dalla destra moderata ai socialdemocratici.

“Nessun ritardo”

Con una sensazione di déjà vu dopo la successione di Élisabeth Borne a gennaio, poi quella di Gabriel Attal all’indomani dello scioglimento dell’Assemblea il 9 giugno e le elezioni legislative di quest’estate.

Due nomi circolavano con insistenza a gennaio, quello del ministro delle Forze Armate Sébastien Lecornu e quello di uno dei primi amici intimi di Emmanuel Macron, Julien Denormandie, prima che la scelta del presidente cadesse su Gabriel Attal, che era diventato il più giovane primo ministro del Quinta Repubblica.

Dopo un’altra parentesi incantata, quella delle Olimpiadi di luglio-agosto, il Capo dello Stato ha anche intensificato le consultazioni per trovare un successore, prima di nominare Michel Barnier il 5 settembre.

Gabriel Attal, che si è dimesso l’8 luglio dopo la sconfitta del campo presidenziale alle elezioni legislative, avrà gestito l’attualità per 51 giorni, un record sotto la Quinta, aggiungendosi alla sensazione di transizione infinita.

Sebbene sia improbabile che questo record venga superato, il programma di lunedì è rimasto incerto. Non do un arco temporale, né in un senso né nell’altro. insiste un caro amico del presidente.

Durante questo periodo, Emmanuel Macron difficilmente lascia intravedere ai suoi interlocutori la profondità dei suoi pensieri. Le vie del Signore non sono sempre penetrabili ha sottolineato il presidente del gruppo comunista dell’Assemblea, André Chassaigne, uscendo dall’Eliseo.

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