Mosca e Teheran possono aspettarsi ripercussioni dopo aver “lasciato andare” Bashar al-Assad

Pubblicato l’8 dicembre 2024 alle 19:42 / Modificato l’8 dicembre 2024 alle 19:43

3 minuti lettura

Al termine di dodici giorni di offensiva fulminea, la Siria ha appena verificato, ancora una volta, quanto il suo destino dipenda dalle potenze regionali e globali tanto, se non di più, che dai suoi stessi attori nazionali. La presa di Damasco da parte dei ribelli siriani? Reso possibile, in gran parte, da fattori internazionali, e in particolare dalle guerre intraprese da Israele contro gli interessi iraniani. Le ripercussioni di questo inaspettato esito siriano rischiano di estendersi anche lontano da Damasco.

Né la Russia né l’Iran, i due principali sostenitori del presidente siriano, sembravano davvero voler muovere un dito per venire in aiuto del loro protetto, il cui regime è crollato come un castello di carte. Troppo impegnata in Ucraina, in una guerra che divora i suoi soldati e le sue risorse, la Russia di Vladimir Putin si è preoccupata soprattutto di preservare la sua base navale a Tartous, sulla costa siriana, piuttosto che interporsi con decisione contro l’avanzata dei ribelli.

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