L’invasione russa dell’Ucraina, più di tre decenni dopo la caduta dell’Unione Sovietica, sta contribuendo ad accelerare le trasformazioni geopolitiche all’interno dello spazio post-sovietico. Uno spazio ovviamente strutturato da legami storici e infrastrutturali che persistono, ma eventi recenti hanno rivelato ed esacerbato fratture latenti, accelerando ricomposizioni geopolitiche in Asia centrale, nel Caucaso e persino nei paesi baltici.
La Russia vede la propria influenza e la propria centralità messe in discussione dagli stati che cercano di affermare la propria sovranità, in particolare diversificando le proprie relazioni. Tuttavia, mentre la guerra ucraina catalizza questo allontanamento o addirittura questa distanza, alcune dipendenze ereditate dall’era sovietica, siano esse le reti energetiche, i corridoi logistici o anche le interconnessioni cibernetiche, sono tutti ostacoli alla completa emancipazione degli ex membri dell’URSS. Lo spazio post-sovietico esiste ancora come entità coerente o è in fase di disgregazione e frammentazione? C’è anche la successione generazionale che rende sempre più distante l’eredità sovietica, che è allo stesso tempo più nazionalista e più legata ad altri attori geopolitici.
Per questa edizione in collaborazione con la Revue Internationale et Stratégique che, nel suo ultimo numero, solleva la questione della fine dello spazio post-sovietico.
I nostri ospiti :
- Jean de Gliniasty, ex ambasciatore francese, direttore della ricerca presso IRIS “ La Russia una nuova scacchiera »
- Jean Radvany, professore emerito dell'INALCO. Autore di “ Russia, una vertigine di potere », ed. la Scoperta
- Lucas Aubin, direttore della ricerca presso IRIS. Co-direttore con Sami Ramdani del numero RIS su La fine dello spazio post-sovietico?
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