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Dietro di sé di Parigi sull’“immunità” di Netanyahu davanti alla CPI: una richiesta di Tel Aviv in vista del cessate il fuoco in Libano

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La recente dichiarazione della diplomazia francese sull’“immunità” del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu davanti alla Corte penale internazionale (CPI), rientrava nelle richieste israeliane durante i negoziati sul cessate il fuoco, secondo una fonte israeliana citata da Haaretz.

In un comunicato stampa diffuso alle 11.30 (ora francese), poche ore dopo l’entrata in vigore dell’accordo di cessate il fuoco in Libano, il Ministero ha invocato gli obblighi previsti dal diritto internazionale legati alle “immunità degli Stati non parti della CPI”, come è il caso dello Stato ebraico, che non ha mai ratificato lo Statuto di Roma su cui è stata fondata la Corte dell’Aia nel 1998.

“Tali immunità si applicano al Primo Ministro Netanyahu e agli altri ministri interessati” da un mandato d’arresto della Corte, continua la dichiarazione, aggiungendo che questo elemento sarebbe “preso in considerazione se la CPI dovesse richiedere il loro arresto e consegna”.

“Amicizia storica”

Questa posizione del Quai d’Orsay è in contrasto con le precedenti reazioni di Parigi dopo la pubblicazione dei mandati di arresto, giovedì 21 novembre, da parte della CPI contro il capo del governo israeliano e il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant – nonché contro contro il capo del braccio armato palestinese di Hamas Mohammed Deif (presunto morto) – per crimini di guerra e crimini contro l’umanità a Gaza.

Martedì, il primo ministro francese Michel Barnier ha dichiarato davanti all’Assemblea nazionale che la Francia rispetterà “rigorosamente” i suoi obblighi derivanti dal diritto internazionale e l’importanza che attribuisce alle decisioni della Corte dell’Aja.

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Una posizione confermata lo stesso giorno dal ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot, durante l’ultimo vertice del G7, martedì in Italia, e ancora durante un’intervista trasmessa mercoledì mattina, prima di ritrattare.

“Conformemente alla storica amicizia tra Francia e Israele, due democrazie impegnate a favore dello stato di diritto e del rispetto della giustizia professionale e indipendente”, si legge nel comunicato stampa. “La Francia intende continuare a lavorare in stretta collaborazione con il Primo Ministro Netanyahu e altre autorità israeliane per raggiungere la pace e la sicurezza per tutti in Medio Oriente”.

Un articolo dello Statuto di Roma affronta la questione dell’immunità per i leader dei paesi che non riconoscono la Corte, sebbene possa rimanere aperto a varie interpretazioni.

“Profondamente problematico”

Questo voltafaccia di Parigi, visto come un aggiustamento inteso a preservare le sue relazioni diplomatiche con lo Stato ebraico, solleva interrogativi sull’impegno della Francia nei confronti della giustizia internazionale.

Le organizzazioni per i diritti umani hanno fortemente criticato questa posizione. Andrew Stroehlein, direttore dei media per l’Europa di Human Rights Watch, ha denunciato su X un’errata interpretazione dello Statuto di Roma, che afferma all’articolo 27 che le funzioni ufficiali non proteggono dai procedimenti giudiziari. Da parte sua, Amnesty International ha descritto la posizione francese come “profondamente problematica”, invitando Parigi a rispettare il suo dovere legale di eseguire i mandati di arresto.

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Anche altri paesi europei, come l’Italia, che hanno subito annunciato che avrebbero rispettato l’impegno preso con la CPI riguardo ad un possibile arresto del capo del governo israeliano, hanno recentemente rivisto la loro posizione.

Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, che attualmente presiede il Gruppo delle Sette Democrazie (G7), ha espresso martedì “molti dubbi” sul mandato d’arresto della CPI nei confronti di Netanyahu, sottolineando che “non sarà possibile trattenerlo mentre è in carica”. , nei commenti riportati da Reuters.

La recente dichiarazione della diplomazia francese, che fa riferimento all’“immunità” del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu davanti alla Corte penale internazionale (CPI), rientrava nelle richieste israeliane durante i negoziati sul cessate il fuoco, secondo una fonte israeliana citata da Haaretz. comunicato stampa pubblicato alle ore 11:30 (ora…

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