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i punti principali dell’accordo di cessate il fuoco

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Mentre Israele si prepara, in linea di principio, a dare il via libera al cessate il fuoco negoziato dagli Stati Uniti con il Libano, includendo per estensione Hezbollah, si ricordano i punti principali emersi dall'accordo imposto.

Dopo diverse settimane di violenze mortali tra Israele e Hezbollah, sembra che un accordo di cessate il fuoco sia sul punto di essere concluso.

L'accordo, destinato a porre fine ai combattimenti e agli scontri a fuoco sul fronte meridionale, nonché ai continui raid dell'esercito israeliano nel sud del Paese, nella Bekaa e nella periferia sud di Beirut, prevede una tregua di due mesi. Durante questo periodo, le forze israeliane si ritirerebbero dal Libano, mentre Hezbollah porrebbe fine alla sua presenza armata a sud di Litani, situata a circa 30 km dal confine israeliano.

Il ritiro israeliano, tuttavia, avverrebbe per fasi, poiché l’esercito libanese dispiegherà migliaia di truppe in queste aree, in coordinamento con la forza multinazionale delle Nazioni Unite, e smantellerà ciò che resta dell’infrastruttura militare di Hezbollah.

Ritiro israeliano e ritorno dei civili

Secondo Israeli Channel 12, Israele non intende creare in Libano una zona cuscinetto, simile a quella occupata dal 1982 al 2000, chiamata zona di sicurezza. Le truppe israeliane si ritirerebbero completamente verso il confine internazionale e ai civili libanesi sarebbe permesso di tornare nei villaggi meridionali che avevano evacuato. Anche i residenti del nord di Israele dovrebbero poter tornare a casa.

Si dice che il Libano si sia impegnato a controllare attentamente i suoi confini per impedire qualsiasi consegna di armi a Hezbollah. Per anni ha accumulato un vasto arsenale di armi iraniane e costruito fabbriche di missili sul territorio libanese, per stessa ammissione dei suoi leader. Un arsenale che ha installato nel mezzo delle zone residenziali e nei tunnel scavati sotto i villaggi che ha praticamente intrappolato.

Il diritto di Israele di rispondere alle minacce

Un punto centrale dei negoziati è la richiesta israeliana di poter agire liberamente in Libano in caso di violazione dell'accordo da parte di Hezbollah.

Temendo un attacco simile a quello compiuto da Hamas il 7 ottobre, dal sud del paese dove l'esercito israeliano afferma di aver scoperto dei tunnel che potrebbero essere utilizzati per effettuare un'operazione del genere, Tel Aviv insiste su una clausola che gli consenta di colpire in Libano in caso di minaccia immediata. I funzionari libanesi hanno respinto questo punto definendolo un attacco alla sovranità del paese.

Una lettera di intenti da parte degli Stati Uniti accompagnerebbe l’accordo, affermando esplicitamente che Israele può agire in caso di minaccia immediata. Gli Stati Uniti avrebbero inoltre suggerito che queste azioni venissero condotte, se possibile, in Siria piuttosto che in Libano, essendo questo paese un hub per il traffico di armi verso Hezbollah.

Il ruolo di Stati Uniti e Francia

È stato inoltre concordato che gli Stati Uniti presiederanno l'organismo internazionale incaricato di vigilare sull'attuazione dell'accordo, che si basa essenzialmente sull'attuazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell'ONU, con la partecipazione della Francia e di altri tre paesi. La Gran Bretagna, considerata troppo vicina a Israele, sembra essere stata esclusa su richiesta del Libano.

Questa supervisione includerà quindi l'attuazione della 1701, adottata nel 2006 per porre fine alla guerra tra Israele e Hezbollah. Questa risoluzione prevede un ritiro di Hezbollah a nord del Litani, accompagnato da uno spiegamento dell'esercito in tutta la parte meridionale e fa riferimento alla risoluzione 1559 in relazione al disarmo delle milizie.

Inizialmente Israele si oppose alla partecipazione della Francia al comitato che supervisionava l'accordo. Alla fine però cedette alle pressioni del mediatore americano Amos Hochstein, il quale dichiarò che senza la presenza francese nessun accordo sarebbe stato concluso.

Sostegno israeliano all’accordo

Nel corso di una consultazione sulla sicurezza presieduta dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, quasi tutti i leader politici e militari israeliani hanno espresso il loro sostegno all’accordo. È stato sottolineato il suo impatto strategico, in particolare la possibilità di isolare Hamas a Gaza e di facilitare un eventuale scambio di ostaggi.

Il ministro israeliano per la Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir si è fermamente opposto, definendolo un “grave errore” e accusando il governo di perdere un’occasione storica per distruggere Hezbollah.

L'obiettivo principale di Israele nel nord era allontanare Hezbollah dal confine e creare condizioni sicure per il ritorno dei civili israeliani evacuati.

Tuttavia, secondo il media israeliano Kan, le autorità israeliane hanno chiarito che questo ritorno non seguirà immediatamente l'entrata in vigore del cessate il fuoco. Vogliono innanzitutto garantire una stabilità duratura nella regione, cosa che potrebbe richiedere diverse settimane o addirittura mesi.

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