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“Per salvaguardare l’agricoltura familiare, dobbiamo riregolamentare i prezzi, il commercio e la produzione”

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lla rabbia continua a rimbombare: sono state annunciate ancora decine di azioni di blocco e arresto [d’ici à la fin du mois de novembre]. Va detto che l’agricoltura francese è in fermento, come mai prima in questo secolo. Il forte aumento dei prezzi dell’energia e dei fattori di produzione aveva già indebolito il flusso di cassa delle attività agricole. Per due anni, le crisi sanitarie hanno decimato le mandrie.

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Allo stesso tempo, gli agricoltori che producono all’insegna della qualità, incoraggiati a creare più valore aggiunto, hanno subito il crollo della domanda a causa dell’inflazione e della diminuzione del potere d’acquisto. L’agricoltore biologico vende il suo latte a un prezzo inferiore rispetto al suo vicino che produce latte standard e, per la prima volta in vent’anni, la superficie coltivata biologicamente nel paese sta diminuendo.

L’agricoltura è entrata in una profonda crisi. La Francia ha perso in dieci anni un quarto delle sue aziende agricole, soprattutto nel settore dell’allevamento, e questo movimento sta accelerando. Le aziende agricole diventano sempre più grandi, sempre più indebitate, sempre più difficili da trasferire all’interno di un quadro familiare. I redditi sono sempre più instabili e da diversi anni il 20% degli agricoltori vive con meno di 6.100 euro l’anno. Si ampliano i deficit dei prodotti chiave (frutta e verdura, carni, proteine ​​vegetali). Se escludiamo il vino, la Francia è diventata un importatore netto di prodotti agricoli e alimentari.

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E tutto è pronto affinché la crisi peggiori. Lactalis ha annunciato a settembre che avrebbe posto fine alla raccolta del latte di quasi 300 allevatori. Un modo per la multinazionale di continuare a fare pressione sugli allevatori e sui prezzi che impone loro. La famosa “contrattualizzazione obbligatoria” tra allevatori e produttori di latte non avrà quindi compensato la deregolamentazione dei mercati: l’abolizione dei prezzi garantiti e delle quote latte, approvata anche dal primo ministro Michel Barnier quando era ministro dell’Agricoltura nel 2008 , ha portato a prezzi estremamente volatili, che spesso non coprono i costi di produzione.

Modello vulnerabile

Lactalis anticipa probabilmente anche le conseguenze dell’accordo di libero scambio tra Unione Europea (UE) e Nuova Zelanda, firmato a gennaio ed entrato in vigore a maggio: 5.000 tonnellate (dal 2024) e fino a 15.000 tonnellate (dal 2031) di latte la polvere con dazi doganali molto bassi può essere importata nell’UE. Il presidente Macron, tuttavia, continua a difendere questi accordi commerciali, che si sono moltiplicati e sottopongono gli allevatori a una concorrenza feroce e sleale. È il caso dell’accordo con il Canada, già attuato, e di quello futuro con l’Australia. Peggio ancora: il presidente Macron non ha impedito l’accordo con il Mercosur, la cui conclusione potrebbe essere annunciata tra pochi giorni.

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