Perpetuità. È questa la parola che aleggia nell’aula della Corte d’Assise di Milano dove domani, lunedì 25 novembre, nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, Alessandro Impagnatiello conoscerà la sua sorte per aver pugnalato a morte la sua compagna Giulia Tramontanoincinta (al settimo mese) di Thiago.
Omicidio Tramontano, la ricostruzione: dove è stata uccisa Giulia, il movente e le fasi del processo
Giulia Tramontano, domani il verdetto sull’omicidio
Ergastolo e isolamento diurno per 18 mesi è la richiesta avanzata dalla Procura per chi deve rispondere di omicidio aggravato da premeditazione, legame affettivo, futili motivi e crudeltà per aver conficcato il coltello 37 volte contro la vittima, per aver tentato di bruciandola due volte e dopo averla abbandonata per strada, avvolta in sacchi della spazzatura.
Un “viaggio nell’orrore”, per usare le parole del pm Alessia Menegazzo, pianificato dal trentenne “narcisista, psicopatico, manipolatore” che uccide i due “ostacoli alla sua realizzazione”. Smascherato, l’ex barista dalla doppia vita, uccide in modo “brutale”: nessun atto di follia, solo la messa in scena della “banalità del male”.
L’omicidio
Giulia, secondo l’accusa, avrebbe firmato «la propria condanna a morte» quando ha rivelato di aspettare un figlio. L’indeciso Impagnatiello, compagno a volte premuroso e più spesso amante bugiardo, inizia a somministrare veleno per topi a Giulia Tramontano per indurre ad abortire, poi come un “giocatore di scacchi fa l’ultima mossa” e dopo l’incontro tra il compagno e l’altra donna cambia strategia : l’idea è quella di coprire l’omicidio fingendo una scomparsa.
Ma tra gli imputati – giudicati sani di mente dai periti nominati dal tribunale – non si annovera chi non riesce a rassegnarsi alla scomparsa di Giulia, alla paura che non impedisce all’altra donna di dire la verità, al sangue ritrovato bagagliaio della propria auto. Dopo quattro giorni, circondato dai carabinieri e dal pubblico ministero, confessò e fece ritrovare il corpo.
“Il castello delle bugie”
Il “castello della menzogna” crolla, ma lui mantiene ancora la maschera e nell’interrogatorio in sala alterna verità e “non ricordo”, si confonde, non sa fornire un movente, si sforza di giustificarsi se stesso solo per chiedere perdono alla famiglia Tramontano, papà Franco, mamma Loredana Femiano, i fratelli Chiara e Mario che saranno come sempre presenti in sala.
Domani il pubblico ministero non risponde, e se l’imputato tace (potrebbe fare brevi dichiarazioni spontanee), la prima Corte d’assise, composta da giurati popolari e presieduta dal giudice Antonella Bertoja, si ritirerà subito nelle camere di consiglio. Le telecamere, ammesse solo durante l’ultima udienza, potranno filmare il momento del verdetto, ma non inquadrare il narcisista che, ancora una volta, ha deciso di preservarsi.
La scomparsa
«Probabilmente è in difficoltà perché è al settimo mese di gravidanza». È questo il testo che denuncia la scomparsa e lancia le ricerche di Giulia Tramontano, la giovane ventinovenne incinta di Thiago, scomparsa la sera di sabato 27 maggio 2023 dall’appartamento di Senago, alle porte di Milano. , dove vive con il compagno Alessandro Impagnatiello. Nulla suggerisce una rimozione volontaria. Investigazioni. La ricerca si concentra sul fidanzato. È stato lui, domenica pomeriggio, a denunciare la scomparsa ai carabinieri. Racconta di un litigio avvenuto il giorno prima, lasciando Giulia mentre dormiva e andando a lavorare.
La versione non convince e le testimonianze di chi lavora con lui svelano la doppia vita del barista. Le tracce di sangue rinvenute nell’auto hanno accelerato le indagini: era indagato dalla Procura di Milano per omicidio colposo aggravato. La confessione. “Sono io quello che l’ha uccisa.” Era l’1 giugno 2023 che Impagnatiello, 30 anni, confessò il delitto e indicò il luogo – via Monte Rosa, in una cavità accanto ad alcuni scatoloni – dove l’aveva nascosta. Il corpo è avvolto in sacchetti di plastica. Uccisa con un coltello – l’autopsia rivela la crudeltà dei 37 colpi – ha tentato di bruciarla due volte (nella vasca da bagno e nel box), ha inscenato la sua scomparsa (nascondendola in cantina, nel garage, nel bagagliaio, prima liberarsene a meno di 700 metri da casa sua) e ha cercato di sviare le indagini.
La richiesta di giudizio
La Procura chiede provvedimenti immediati. Il 3 novembre 2023 il sostituto procuratore Letizia Manella e il pubblico ministero Alessia Menegazzo hanno chiesto giudizio immediato per omicidio volontario aggravato, interruzione di gravidanza non consensuale e occultamento di cadavere. Il delitto è premeditato come dimostrano il tappeto della stanza spostato per non macchiarlo e il veleno per topi somministrato più volte al partner e ritrovato anche nel feto: è la prima arma utilizzata (dal dicembre 2022) per uccidere. L’omicidio è aggravato dalla crudeltà, dai futili motivi e dal legame che univano Giulia e Alessandro. Inizia il processo. Il 18 gennaio davanti alla Prima Corte d’Assise di Milano, presieduta dal giudice Antonella Bertoja, è presente la famiglia Tramontano – papà Franco, mamma Loredana Femiano, i fratelli Chiara e Mario. Nella gabbia Impagnatiello tiene lo sguardo basso. Lontano dalle telecamere, vietate nella stanza, fa brevi dichiarazioni spontanee.
“Sono tante le persone a cui devo delle scuse, ma vorrei rivolgermi a Giulia e alla famiglia. Non ci sono parole giuste da dire, mi trovo di fronte a qualcosa che resterà sempre inspiegabile per la disumanità. Quel giorno ho distrutto la vita di Giulia e di nostro figlio, quel giorno me ne sono andato anch’io perché non vivo più”. Le scuse non sono accettate. Interrogatorio in camera. Il processo che vede sfilare investigatori e famiglie trova un punto centrale nell’interrogatorio degli imputati. “L’ho colpita sul collo, sola in cella con un servizio televisivo sapevo di averle dato 37 colpi. Giulia non si è difesa” è il racconto di Impagnatiello. In camera aggiunge qualche dettaglio cruento – “Andrai a pranzo da mia madre e in macchina c’era il cadavere” – e ammette il suo “castello di bugie” (per mantenere due rapporti paralleli), un mare “in che io sono annegato.” Sostiene di aver avvelenato Giulia «solo due volte, nella prima parte di maggio, non per farle del male, ma per farla abortire». Parla per ore, ma non riesce a fornire una motivazione: “È una domanda che mi sono posto miliardi di volte e che non avrà mai una risposta”.
L’expertise
Con sorpresa di tutti, il 10 giugno i giudici hanno chiesto una perizia psichiatrica. Tre mesi dopo arrivò il verdetto: per gli psichiatri Gabriele Rocca e Pietro Ciliberti l’imputato era sano di mente. Alessandro Impagnatiello “non poteva accettare lo ‘smascheramento’ con le conseguenze umilianti”. L’incontro, poche ore prima del delitto, tra Giulia Tramontano e l’altra donna, fa esplodere in lui – manipolatore dai tratti narcisistici – una dimensione “arrabbiata” che sfocia nel femminicidio. Per evitare di vedere il suo mondo crollare in pezzi, si trasforma in un assassino. La richiesta dell’ergastolo. Nella stanza si svolge un “viaggio nell’orrore”, il cui protagonista è l’accusato “narcisista, psicopatico, manipolatore” che uccide Giulia e Thiago “ostacoli alla sua realizzazione”.
Smascherato, uccide in modo “brutale”: nessun atto di follia, ma un progetto “premeditato” portato avanti da un uomo normale che rappresenta “la banalità del male”. Giulia ha firmato la sua condanna a morte quando gli ha detto che aspettava un figlio, e Impagnatiello “come un giocatore di scacchi” dopo l’incontro tra le due donne “ha fatto l’ultima mossa” e ha ucciso. La richiesta dell’accusa è l’ergastolo e l’isolamento diurno per 18 mesi. La difesa, rappresentata dagli avvocati Giulia Gerardini e Samanta Barbaglia, chiede però il “minimo di pena”. Il verdetto. Dopo 14 udienze, nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, si attende il verdetto dei giudici della prima sezione della Corte d’Assise per uno degli omicidi più efferati degli ultimi anni. Spetterà ai giudici decidere se siano presenti tutte le aggravanti – la premeditazione sembra essere l’unica questione più spinosa – ma la sentenza dell’ergastolo (viste le accuse) per Alessandro Impagnatiello sembra già scritta.
Genitori: “Giustizia”
Giustizia, rispetto e il massimo della pena. Sono passati diciotto mesi dal femminicidio di Giulia Tramontano, ma per i genitori, papà Franco e mamma Loredana Femiano, il dolore resta lo stesso, se possibile aggravato nella consapevolezza di non poter più baciare la loro primogenita, pugnalata, con Thiago in pancia, dal compagno Alessandro Impagnatiello. Domani, nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ci sarà il primo verdetto nella Corte d’Assise di Milano e loro, come sempre, saranno in aula. “Chiediamo con forza – scrive il padre – che venga applicata la pena massima prevista dalla legge: l’ergastolo. Non solo per rendere giustizia a lei, alla famiglia e al bambino che portava in grembo, ma anche per lanciare un messaggio chiaro e inequivocabile. Questa richiesta non è motivata da vendetta, ma da un profondo senso di giustizia”. Parole lasciate su Instagram, in queste ore di attesa e speranza. La violenza di genere “è una piaga che devasta la nostra comunità”
e “ci auguriamo che le istituzioni sappiano agire con fermezza, dimostrando che la legge è dalla parte delle vittime. Chiediamo che il rispetto per Giulia, per la sua vita spezzata e per il dolore che ha lasciato dietro di sé, non venga calpestato da parole che tentano di distorcere la verità: la dignità di una vittima – scrive Franco Tramontano – non può mai essere sacrificata per costruire una difesa. Non c’è giorno che mamma Loredana non ricordi con una canzone, un messaggio, una foto della figlia premiata l’anno scorso con l’Ambrogino d’Oro da una città che l’ha ‘adottata’ e che come Senago non dimentica il ventinovesimo anno vecchia giovane di Sant’Antimo (Napoli).
“Cara Giulia, ho bisogno di te, ti cerco ovunque, sei la mia ancora di salvezza in questo mare di dolore, sei il mio arcobaleno in questa tempesta di dolore, sei la spalla su cui vorrei piangere. ” E ancora «questa ‘soggiorno’ è troppo dolorosa, la tua assenza mi devasta». Un anno dopo, Mario diventa padre di una bambina che porta il nome della sorella Giulia, mentre la combattiva Chiara, la sorella che gli somiglia proprio, fatica ancora a trovare “le parole giuste: è difficile misurare la rabbia , l’indignazione, la sofferenza. Come donna, combatto due battaglie. La prima è alimentata dalla paura di essere la prossima donna ad essere richiamata per una morte brutale, la seconda è la lotta affinché nessuna famiglia debba mai affrontare la possibilità che un omicidio così efferato rimanga impunito o che il colpevole non sia scontare una pena adeguata”. Il 25 novembre “grideremo giustizia per Giulia e Thiago, ma lo faremo per tutte le donne che non hanno più voce. Giulia sarà con noi in questa stanza, con te, con tutte le anime gentili strappate a questo mondo. Noi ci saremo, e spero che ci siano tutte le donne che ancora sognano un futuro senza paura”.
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