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tensioni e conseguenze sul mercato europeo

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Da diversi giorni l'Europa è alle prese con uno shock sul mercato del gas a seguito di un arbitrato che ha favorito la società austriaca OMV contro il colosso russo Gazprom. Mentre il Vecchio Continente continua a diversificare le proprie fonti di approvvigionamento, questa vicenda solleva interrogativi sull’impatto sui flussi di gas russo, in particolare per i paesi dell’Europa orientale. La reazione del mercato è immediata, con un’impennata dei prezzi del gas contratti nel breve termine.

OMV contro Gazprom: un arbitrato che sta facendo scalpore

Il conflitto tra OMV e Gazprom è stato portato davanti a un tribunale arbitrale, che si è pronunciato a favore della società austriaca, autorizzando così OMV a richiedere quasi 230 milioni di euro a titolo di risarcimento per consegne di gas non conformi. Questa decisione ha portato OMV a non regolare più le chiamate in contanti relative al gas consegnato, cosa che ha spinto Gazprom a cessare le consegne all'Austria a partire dal 16 novembre 2024. Una quantità di 17 milioni di metri cubi di gas al giorno, pari a circa 7 TWh al mese, sarà quindi assente dalla rete austriaca, facendo lievitare i prezzi sui mercati europei.

In risposta a questa situazione, i contratti a breve termine (Day-Ahead, dicembre 2024) hanno mostrato un aumento significativo dei prezzi. Secondo gli specialisti del settore, questo aumento dei costi si spiega con la sensibilità del mercato alle interruzioni dell'approvvigionamento, anche se i flussi russi attraverso l'Ucraina rimangono intatti, a 42 milioni di metri cubi al giorno.

Le conseguenze per l’Europa dell’Est

I paesi dell’Europa orientale si trovano ad affrontare un’equazione difficile, che unisce la dipendenza dal gas russo e la pressione per diversificare le proprie forniture. La Slovacchia, ad esempio, illustra queste sfide. Attualmente, il Paese rimane in gran parte dipendente dal gas russo, nonostante una potenziale fornitura di gas naturale liquefatto (GNL) importato dalla Germania. Tuttavia, gli elevati costi di transito rendono questa opzione poco attraente, portando alcuni paesi a preferire il gas russo più economico.

I paesi vicini, come l’Ungheria e la Repubblica Ceca, hanno subito colto l’opportunità per compensare la mancanza di flussi verso l’Austria. Questa situazione evidenzia la complessità della diversificazione energetica in una regione in cui infrastrutture e costi rimangono problematici. Da notare che l’accordo russo-ucraino sul transito del gas scade il 31 dicembre 2024 e molti si interrogano sul suo rinnovo.

Francia: dipendenza ridotta ma spazio di manovra a livello internazionale

Da parte francese, il panorama energetico si è evoluto. La Francia non dipende più dal gas russo fornito tramite gasdotto, sostituendo tale fonte con le importazioni da Norvegia, Algeria e altri paesi come Qatar e Nigeria. Questo cambiamento strategico le ha permesso di diversificare le proprie forniture, in particolare grazie alla moltiplicazione dei terminali GNL sul suo territorio.

Tuttavia, questa diversificazione ha un costo. Rivolgendosi al mercato internazionale, in particolare ai prezzi asiatici, la Francia potrebbe dover far fronte a maggiori fluttuazioni dei prezzi. I terminali di Montoir, Fos Cavaou, Dunkerque e più recentemente Le Havre facilitano l’importazione di GNL, ma espongono anche la Francia alla volatilità del mercato mondiale.

Mentre l’Europa affronta queste tensioni energetiche, le decisioni prese da ciascun paese avranno un impatto sulla sicurezza dell’approvvigionamento a lungo termine e sui costi energetici. La strada verso la sovranità energetica sostenibile rimane irta di insidie.

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