Denis Dreyfus, avvocato dell’associazione delle vittime del ballo di Crépol, è stato ospite di France Bleu Drôme Ardèche, questo lunedì mattina.
France Bleu Drôme Ardèche: non state difendendo la famiglia di Thomas Perotto, ma tutte le altre persone che erano presenti la sera della tragedia. Quanti hanno deciso di costituirsi parte civile?
Innanzitutto, il comitato di animazione è questa associazione che, dagli anni ’60, anima il villaggio di Crépol e organizza eventi festivi e conviviali. Sfortunatamente, sappiamo cosa è successo un anno fa. E poi, avendo conosciuto un certo numero di giovani presenti alla serata, mi costituirò parte civile per un gruppo di almeno quindici giovani che per il momento non si erano ancora fatti avanti.
Questi giovani lo hanno fatto molto recentemente?
Sì, perché credo che abbiano vissuto un anno nello stupore, per alcuni incapaci di parlarne. Ho visto una madre dirmi “mio figlio è totalmente bloccato e sicuramente non vuole affrontare l’argomento e il dramma“E poi ci è voluto del tempo perché il percorso per la vittima di una scena traumatica è lungo. E a volte, lo sappiamo, in tutta una serie di casi, ci vuole questo tempo per farsi avanti, per parlare, per esprimersi. Questo è cosa faranno.
Cosa si aspettano i vostri clienti dalla giustizia?
Credo che in questa tragedia, e in un’altra avvenuta molto recentemente (la morte di Nicolas Dumas davanti alla discoteca Seven a Saint-Péray ndr), direi che siamo tutti solidali, siamo tutti Thomas o Nicolas. Deve essere ascoltato, deve poter, quando sarà il momento, esprimersi e soprattutto la giustizia deve fare il suo lavoro. Nella serenità è fondamentale, laddove non è sempre esistita in questa materia. E credo che la giustizia abbia soprattutto un dovere di eccellenza e questo è senza dubbio ciò che si sta facendo attualmente nel corso delle indagini e ciò che si farà quando arriverà il momento di un’udienza che sarà importantissima, lunga e difficile.
Come stanno i tuoi clienti oggi? Dici che c’è stato il periodo dello stupore, è passato un anno e oggi?
Stanno andando male. Prendo l’esempio di questo ragazzo meccanico che è affogato nel suo lavoro e che non ne vuole parlare. Prendo l’esempio di quest’altro ragazzo che ho conosciuto. Sai, sono come noi, sono bravi ragazzi dei nostri villaggi di campagna. Davvero estremamente cordiale ma anche molto molto discreto. E quest’altro ragazzo, che va in viaggio per il suo capo, la sera non riesce a dormire da solo in albergo, torna a casa della sua ragazza perché c’è ancora questo trauma, questa impossibilità di restare soli. Ho sentito, durante l’incontro che abbiamo avuto recentemente, quest’ombra di paura che aleggia ancora, non solo su Crépol, ma sulle coscienze di tutti coloro che erano lì. Come se avessero un senso di colpa per essere stati lì, per non aver fatto meglio o di più per salvare Thomas.
“L’ombra della paura”, paura di cosa?
Il timore, generato dalla portata nazionale assunta allora da questo dramma, di ritrovarsi così sotto i tristi riflettori. La paura anche di questa possibilità, del tutto impossibile, ma questo rischio che loro (gli aggressori ndr) tornino per compiere il colpo di stato che hanno vissuto.
Paura di ritorsioni?
Sì, forse. Infine, la paura che si possa ricominciare. E, infine, hanno seppellito dentro di sé questo “mai più” senza potersi sempre esprimere.
Ciò significa che alcune persone, con questo timore, hanno installato sistemi di sorveglianza nelle loro case? Quanto è andato lontano?
Sì, in ogni caso la paura di uscire perché quando andiamo a Crépol e guardiamo questo municipio, è uno dei nostri villaggi più tranquilli in Francia, sembra inconcepibile che quello che è successo sia successo lì. E poi per molti, conservano ancora le immagini di Tommaso perché sono stati loro i primi, ancor prima dell’arrivo dei soccorsi, a fornirgli i primi gesti di sopravvivenza.
Ad oggi l’assassino non è stato ancora formalmente identificato. Temi un processo senza imputato?
Sì, temo di sì. Temo che le indagini andranno avanti senza che noi riusciamo a identificare la codardia della persona o delle persone che hanno accoltellato.
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