Il 10 aprile 2021, il corpo senza vita di Pierre Sourgen è stato ritrovato, disteso in sangue, con la faccia fracassata e preso a calci in un locale tecnico della sua residenza a Floirac. Dalle indagini della polizia è emerso che un gruppo di giovani, venuti ad occupare il locale per bere e fumare, ignorando le regole legate all’emergenza sanitaria, era stato senza dubbio disturbato dal sessantenne.
Per un’osservazione inappropriata, non plausibile o per niente, Pierre Sourgen, impedito di uscire da un giovane che gli sbarrava la strada, era stato insultato, aggredito, preso a calci anche a terra dove era caduto dopo una spazzolata. L’autopsia ha concluso che è morto dopo “un forte impatto facciale”, causato sicuramente da uno schiacciamento violento.
Dei cinque giovani appena usciti dall’adolescenza all’epoca dei fatti, una ragazza rimasta passiva di fronte ai fatti si è presentata in tribunale per mancata assistenza a persona in pericolo. Romain Barros, indicato da altri come avente un ruolo centrale, è stato processato per omicidio e i suoi tre coimputati, che affermano di aver paura di lui, per complicità.
Ci vogliono trent’anni
Parlando di “omicidio di incredibile ferocia”, di “uccisione collettiva piacevole e barbara”, il procuratore generale Michel Pellegry aveva chiesto dai dodici ai trenta anni di reclusione. Il magistrato aveva voluto soprattutto che fossero condannati per omicidio i quattro ragazzi che avevano preso a calci tutti senza che lui sapesse, nella valanga ricevuta, quale gli era stato mortale, ritenendoli co-esecutori dei fatti. È stato ascoltato. Con grande sgomento degli altri avvocati difensori che, volendo evitare “tutti nello stesso paniere”, hanno chiesto la riqualificazione dei fatti come… violenza intenzionale.
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