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Recensione di Making Death | Tra la lettura-racconto e la rappresentazione teatrale

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Ci sono dei dipinti molto belli in questa autofiction di Krystel Descary, che esplora sia il tema della morte che quello dell’abbandono. Ma l’autore di questa commedia sugli UFO, che interpreta in scena una thanadoula, una sorta di levatrice della morte, corre il rischio enorme – non molto felice – di mescolare i generi.


Inserito alle 15:35

fare la morte si apre nel modo più sorprendente, con l’entrata in scena dell’autrice e attrice Krystel Descary, che ci parla del sostegno al fine vita e delle tappe che ci portano all’ultimo respiro. Perdita di appetito, interruzione del ciclo del sonno, scolorimento della pelle, incontinenza, ecc.

Il suo obiettivo? Rendici consapevoli del nostro scopo e documenta – a volte con freddezza – gli ultimi istanti della nostra esistenza.

Sembra un po’ un Ted Talk sulla Triste Mietitrice, ma anche sul lavoro di thanadoula, che consiste, tra le altre cose, nel mettere in atto dei rituali, per piangere meglio la perdita delle persone che amavamo. Pratica che senza dubbio sta diventando sempre più popolare con il crescente rifiuto delle cerimonie religiose.

Poi l’autrice esce di scena e appare il suo alter ego, interpretato da Laetitia Isambert-Denis (molto precisa), accompagnato dalla madre (ottima Isabelle Vincent). La commedia vera e propria inizia quando chiede alla giovane Krystel se, quando arriverà il giorno, vorrebbe essere informata della morte di suo padre, che non conosceva…

Questa domanda sconvolge la giovane, che vorrebbe sapere di più su questo padre assente, che ha abbandonato moglie e figlio pochi mesi dopo la sua nascita. La giovane Krystel, infatti, si rifiuta di piangere questo strano padre (Pier Paquette), che vive al suo fianco come se lei non esistesse.

Quindi gli va incontro. Senza ricavarne molto, purtroppo.

Due linee narrative

fare la morte esplora così due ricerche in parallelo: la prima quella (promettente) del ricongiungimento di Krystel con questo sfuggente padre; e poi il suo addomesticamento della morte (letteralmente e figurativamente), che dovrebbe essere il soggetto principale di questo pezzo.

Esiste un collegamento tra queste due linee narrative, in definitiva del tutto disuguali nella rappresentazione? Diciamo che il legame è labile.

In ogni caso, comprendiamo che il personaggio di Krystel mette molte energie nel riconnettersi con questo padre spettrale, che le ha trasmesso una terribile paura di essere abbandonata, e che desidera trovare la pace interiore prima della fine della sua avventura terrena (e questo di suo padre).

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FOTO YANICK MACDONALD, FORNITA DA ESPACE GO

Joanie Martel e Laetitia Isambert-Denis interpretano due amiche inseparabili.

Nel corso di questa storia – a cui si aggiunge la profonda amicizia di Krystel con la sua amica Marie (la favolosa Joanie Martel), che dà origine ad alcune delle scene più belle della Fare la morte –, la vera Krystel Descary continua i suoi interventi educativi sulla morte. Interventi che spezzano il ritmo del pezzo senza mai mandare avanti la storia.

La confusione è poi totale quando Krystel Descary, la relatrice, si lancia nell’arena per interpretare il proprio ruolo a 40 anni.

Insomma, qui siamo immersi in quello che potremmo definire un miscuglio teatrale, dove non solo mescoliamo i generi (senza molto successo) – una combinazione di conferenza, teatro documentario e fiction –, dove scaviamo in due solchi (interessanti di per sé) , ma che alla fine non si uniscono mai: quello dell’abbandono e quello della morte.

Nonostante tutti questi fattori destabilizzanti, gli attori difendono abbastanza bene questa colonna sonora difficile, in particolare Isabelle Vincent (la madre) e Joanie Martel (l’amica di Krystel), entrambe molto solide. Menzione speciale anche a Mykalle Bielinski, che canta magnificamente, soprattutto nella scena finale, che trasmette bellissime emozioni.

Fortunatamente, questa storia disordinata – continuamente interrotta, come avete capito – è anche messa in scena abilmente da Marie-Ève ​​​​Milot, che ha scaricato sul palco diverse tonnellate di terra nera, per rappresentare adeguatamente l’azione in un luogo commovente. a volte anche macabro, che prima o poi ci accoglierà, per non dire inghiottirci.

Ricca e intelligente è anche l’idea di mimetizzare gli oggetti scenici, via via staccati da terra dai personaggi, così come le tende dorate che in qualche modo illuminano la scena. Tanto di cappello alla scenografa Geneviève Lizotte, ma anche al lighting designer Étienne Boucher, che crea piccoli momenti magici in questa proposta dove, purtroppo, lo spettatore è invitato a distrarsi.

fare la morte

Con Isabelle Vincent, Laetitia Isambert-Denis, Krystel Descary, Joanie Martel, ecc. Regia: Marie-Ève ​​MilotAll’Espace GO fino all’8 dicembre

6/10

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