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primo giorno all’ombra di Donald Trump

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Mukhtar Babayev, presidente azerbaigiano della COP29, durante la cerimonia di apertura della 29a Conferenza delle parti sul clima, a Baku, 11 novembre 2024. PETER DEJONG / AP

Uno strumento sinonimo di successo o un peso? Lunedì 11 novembre, nei primi minuti della cerimonia di apertura del 29e Conferenza delle parti sul clima (COP29), Sultan Al-Jaber, presidente della COP28, ha passato il martello che suggella le decisioni importanti al suo successore, l’Azerbaigian Mukhtar Babayev.

Un anno dopo essere riuscito a includere – per la prima volta in un testo di diplomazia climatica – i termini dell’ “uscita dai combustibili fossili”i 198 partiti hanno ora tempo fino al 22 novembre, ovvero undici giorni, per concordare un importo di finanziamento per aiutare i paesi in via di sviluppo ad avere successo nella loro transizione «verde». “Sappiamo che questi negoziati sono complessi e difficili”ha impedito a M. Babayev di assumere.

Poche ore dopo, per avviare bene la conferenza, la presidenza azera stava già suonando il martello adottando norme destinate a regolamentare meglio parte dell’articolo 6 sui mercati del carbonio. Una strategia identica a quella degli Emirati Arabi Uniti che avevano materializzato il fondo “perdite e danni” fin dalle prime ore della COP.

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Serpente marino dei negoziati sul clima a partire dall’Accordo di Parigi, l’articolo 6 ha consentito ai mercati del carbonio di svilupparsi senza standard internazionali sufficientemente solidi, secondo diversi studi che hanno dimostrato l’inefficienza di numerosi progetti. Ritenuto troppo flessibile dall’Unione Europea (UE) e da molti paesi in via di sviluppo, il progetto di regolamentazione e standardizzazione proposto lo scorso anno alla COP28 è fallito.

Lunedì sera i partiti hanno approvato un testo che stabilisce le procedure attorno all’articolo 6.4, affidando a un organismo delle Nazioni Unite il compito di supervisionare lo scambio di crediti di carbonio tra paesi o aziende. La società civile ha denunciato una mossa forte, puntando in particolare all’Organismo di Vigilanza dell’Articolo 6.4, un piccolo comitato tecnico, che attuerà le norme “senza il parere degli Stati”, Lo afferma il Centro per il diritto internazionale ambientale (CIEL). “Ciò elude la capacità degli Stati di discutere, per non parlare di rivedere, le norme prima che entrino in vigore”ha stimato Erika Lennon, avvocato del CIEL. Il resto dell’articolo 6, in particolare il 6.2, che regola le transazioni tra paesi, rimane all’ordine del giorno dei negoziatori.

“Siamo sulla strada della rovina”

Gli organizzatori erano troppo ansiosi di ostentare una prima vittoria all’inizio di questa COP molto pericolosa. Durante il primo giorno, la presidenza dell’Azerbaigian ha seguito per la prima volta le orme degli scienziati mentre l’Organizzazione Meteorologica Mondiale ha disegnato, lunedì 11 novembre, “massima allerta”, spiegando che l’anno 2024 supererà, per la prima volta, 1,5°C di riscaldamento globale, la soglia più ambiziosa dell’accordo di Parigi adottato nel 2015.

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