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Le autorità giudiziarie americane hanno annunciato venerdì l’incriminazione di a “agente dell’Iran” accusato di aver ricevuto ordine da Teheran di organizzare piani di assassinio negli Stati Uniti contro Donald Trump e un dissidente iraniano-americano.

Contrariamente a quanto annunciato in precedenza, anche in questa diretta, il sospettato non è un iraniano. Si tratta di Farhad Shakeri, un afghano di 51 anni residente in Iran dopo aver scontato quattordici anni di carcere negli Stati Uniti per rapina. Secondo gli atti del tribunale, è accusato di reclutare criminali comuni per conto delle Guardie rivoluzionarie, l’esercito ideologico della Repubblica islamica.

“Pochi attori al mondo rappresentano una minaccia così seria per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti come l’Iran”ha affermato il ministro della Giustizia Merrick Garland in una nota. “Questo agente del regime iraniano è stato incaricato dal regime di guidare una rete di complici criminali per portare a termine i piani di assassinio dell’Iran contro i suoi obiettivi, incluso il presidente eletto Donald Trump”ha aggiunto.

Queste conclusioni si basano su conversazioni telefoniche tra agenti della polizia federale americana (FBI) e Farhad Shakeri, che volevano così ottenere una riduzione di pena per una persona detenuta negli Stati Uniti, secondo l’accusa.

Nel corso di questi colloqui, svoltisi tra il 30 settembre e giovedì, egli ha in particolare affermato di aver ricevuto istruzioni in settembre da un alto funzionario delle Guardie Rivoluzionarie di “concentrarsi sulla sorveglianza e, in ultima analisi, sull’assassinio dell’ex presidente Donald Trump”secondo questi documenti.

Questo funzionario gli ha chiesto il 7 ottobre di presentargli un piano di assassinio entro sette giorni, spiegando che oltre tale termine il progetto sarebbe stato rinviato a dopo le elezioni del 5 novembre, considerato che Donald Trump lo avrebbe perso e che quindi lo sarebbe stato più facile prenderlo di mira in seguito, secondo le stesse fonti.

La Repubblica islamica cova da anni il desiderio di vendicare la morte del generale della Guardia rivoluzionaria Qassem Soleimani, ucciso il 3 gennaio 2020 in Iraq in un attacco con droni ordinato da Donald Trump durante il suo primo mandato, ricorda il Ministero della Giustizia della Difesa.

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