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Bourgi pesa sulla Françafrique (ma non bisogna credere a tutto)

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In un libro-intervista edito da Max Milo e di cui pubblichiamo brani in anteprima, Robert Bourgi condivide i suoi ultimi “segreti”. Ovviamente l’uomo è turbato. E sa come affrontare la verità. Tuttavia, la testimonianza dell’uomo che ha svolto il ruolo di intermediario tra i leader politici francesi e africani è avvincente.

Come presentarlo? Con la sua carta di stato civile? Robert Bourgi, 79 anni, nato a Dakar, doppia nazionalità, francese e libanese. Professione dichiarata ma mai esercitata: avvocato. Dal “pedigree” che lo ha reso famoso (un po’) nella classe politica e mediatica francese? Portavaligie della Françafrique, consigliere occulto di alcuni ex satrapi del continente nero, eccezionale bluffatore e, infine, pistolero di François Fillon. Un po’ di ciascuno o nessuno di questi, come vorrebbe convincerci in un libro di memorie intitolato maliziosamente Sanno che so tutto (ed. Max Milo) e di cui pubblichiamo estratti esclusivi?

Il “loro” designa sia i capi di Stato africani, i ministri e i leader di partito di ogni grado, sia i loro omologhi francesi che da tempo detengono il sopravvento. Grazie al padre, Mahmoud Bourgi – un contadino del sud del Libano emigrato in Senegal, dove fece fortuna con il commercio tessile – Robert frequentò il primo fin dalla prima giovinezza. Ardente ammiratore del generale de Gaulle, il padre divenne uno dei suoi più fedeli e importanti collaboratori nella comunità sciita libanese con sede in Senegal prima di passare il testimone al figlio. Robert ha avuto la chiacchierata, la sensazione. Non conosceva l’infinita rete di interessi politici e materiali che collegavano la Francia alle sue ex colonie e ai loro leader.

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