Come rimanere nel dubbio per 15 mesi? L’infernale incertezza delle famiglie di ostaggi

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Non sapere se una persona cara è viva o morta, se verrà rilasciata o no? E se sì, quando? Per le famiglie degli ostaggi israeliani ancora a Gaza, dal 7 ottobre ci sono dubbi ogni giorno.

E si aggrava ulteriormente, a due giorni dalla seconda serie di rilasci previsti per sabato, nel quadro dell’accordo di tregua tra Israele e i terroristi palestinesi di Hamas.

“Questo accordo deve reggere, ma siamo profondamente preoccupati per il futuro e voglio sperare che continui e che li vediamo tutti tornare a casa”, spiega all’AFP Sharon Sharabi, che ha due fratelli a Gaza: Eli, presumibilmente vivo e Yossi, dichiarato morto dall’esercito israeliano nel gennaio 2024.

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La prima fase della tregua, che durerà sei settimane, dovrebbe consentire il rilascio di 33 ostaggi detenuti a Gaza contro prigionieri palestinesi detenuti da Israele.

Tre giovani donne sono state rilasciate domenica scorsa e quattro ostaggi saranno rilasciati sabato.

“Non abbiamo ancora ricevuto alcuna conferma che Eli sia vivo, ma voglio rimanere ottimista e pregare affinché lo vedremo presto in piedi”, ha detto Sharon Sharabi.

Yahel, Lianne e Noiya Sharabi, tutti e tre assassinati nel Kibbutz Beeri il 7 ottobre 2023. (Per gentile concessione)

Yossi ed Eli Sharabi furono catturati nel Kibbutz Beeri. La moglie del secondo e le due figlie adolescenti sono state trovate morte nella loro casa e identificate una settimana dopo l’aggressione.

“Continuo a lottare”

Commosso, si lascia immaginare l’incontro tra sua madre, quasi ottantenne, e suo fratello. Ma ammette la sua preoccupazione nel dover dire a Eli che ha perso sua moglie e le sue due figlie, e che suo fratello maggiore Yossi è morto.

I fratelli Yossi (a sinistra) ed Eli Sharabi emigrarono per vivere nel Kibbutz Beeri; entrambi furono presi in ostaggio il 7 ottobre 2023. Yossi morì in prigionia e si ritiene che Eli sia ancora vivo. (Credito: cortesia)

Nella lista dei 30 ancora disponibili per la liberazione troviamo sette donne, i due bambini Bibas – Kfir, di un anno e suo fratello Ariel, di 5 anni – dati per morti da Hamas, nonché ostaggi di età superiore ai 50 anni, i malati e feriti.

Di tutte le persone rapite il 7 ottobre 2023, 91 sono ancora a Gaza, di cui 34 dichiarate morte dall’esercito israeliano.

Silvia Cunio, israelo-argentina del Kibbutz Nir Oz, ha due figli in cattività. Uno è stato catturato insieme al compagno Arbel Yehud, che figura nella lista dei 33. Ma non i due ragazzi, che avevano 33 e 26 anni al momento del rapimento.

Questa settimana, presentandosi davanti all’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu, ha chiesto che gli accordi continuassero per poterli rivedere.

Sylvia Cunio, con suo marito, Louis, e tre dei loro quattro figli, Ariel (terzo da sinistra), David ed Eitan; Ariel e David sono stati presi in ostaggio a Gaza il 7 ottobre 2023. (Per gentile concessione)

“Sono venuta qui per dire che continuo a lottare per i miei figli (…), per esigere che cessino la guerra e combattano per i miei figli”, ha detto la sessantenne, indossando una maglietta con le foto dei suoi figli e da Arbel Yehud.

Ottimista incorreggibile, afferma che i suoi figli torneranno. “Questa è la mia speranza ed è ciò che mi fa andare avanti.”

Si rivolge a loro durante ogni intervento televisivo, nel caso possano sentirla, mescolando ebraico e spagnolo, la sua lingua madre.

“David mio tesoro, Ariel mio papito, sono qui, sto combattendo (…), ti amiamo, sii forte (…) c’è la luce alla fine del tunnel e noi ti aspettiamo lì”.

Anche l’israeliano-argentino Itzik Horn, 72 anni, si trova di fronte allo stesso dilemma, tra la speranza di rivedere il suo primo figlio Yaïr, 46 anni, che può essere rilasciato perché diabetico, e la perdita del secondo Eitan, 38 anni. anni, che dovranno attendere le successive trattative.

La famiglia Horn, Yaïr Horn (estrema sinistra), Amos Horn e sua moglie, Dalia Cusnir, padre Itzik Horn e Eitan Horn, anni prima che Yaïr ed Eitan Horn fossero presi in ostaggio il 7 ottobre 2023. (Credito: famiglia Horn)

“Sono stato tagliato in due. E’ una situazione impossibile, un figlio deve essere rilasciato e l’altro no. E non sappiamo nemmeno chi è vivo e chi no”, confida.

Eitan era venuto a trovare suo fratello maggiore Nir Oz. Entrambi sono stati rapiti in questo kibbutz molto vicino alla Striscia di Gaza, che ha deplorato una trentina di morti e più di 70 ostaggi, di cui più di 25 sono ancora in prigionia, alcuni già morti.

Itzik Horn è arrabbiato e, come gli altri, chiede che “tutti vengano fuori, compresi i corpi”.

Confida che l’umorismo nero lo aiuta a superare questa prova. “Yaïr ha ereditato il diabete da me ed era sempre arrabbiato con me. Ora, se esce primo a causa di questa malattia, può ringraziarmi”.

Ma se dopo la prima fase dell’accordo la guerra riprendesse e mettesse a repentaglio la liberazione del suo secondo figlio, lui dice che “brucerà il Paese perché sarebbe una condanna a morte” per gli ostaggi rimasti.

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