L’arte oggi è intrappolata in un paradosso insopportabile: più un’opera si vende a cifre stratosferiche, più rischia di perdere ciò che ne ha fatto il suo vero valore. Come già sottolineava Walter Benjamin, l’“aura” dell’arte, questa dimensione inalienabile legata alla sua unicità e alla sua esperienza intima, si dissolve non appena l’opera entra nel gioco degli scambi commerciali. L’artista diventa un mercante, e l’estetica, un prodotto di consumo. Una tendenza esacerbata nell’era dell’arte concettuale e delle tecnologie digitali.
Quando l’arte perde la sua anima: la tirannia del mercato
Marcel Duchamp, esponendo un orinatoio come opera d’arte nel 1917, intendeva sfidare le convenzioni accademiche con questo ready-made. Cento anni dopo, questo spirito di sovversione sembra essersi rivolto contro se stesso. I record d’asta battuti ogni anno da Christies, Sothebies, Phillips e Artcurial dimostrano non tanto un riconoscimento artistico quanto un fenomeno di speculazione finanziaria. Come già spiegava Pierre Bourdieu ne Le regole dell’arte, l’autonomia del campo artistico è costantemente minacciata dalle pressioni economiche e sociali.
L’arte, dall’artigianato all’industria culturale
Oggi l’arte è emersa dall’artigianato e si è trasformata in un’industria culturale. Un’industria delle grandi mostre e delle grandi fiere internazionali dominata da Art Basel e dalle case d’asta internazionali già citate. Ma anche l’arte si smaterializza sotto l’effetto della tecnologia.
L’era degli NFT: il lavoro come asset finanziario
Oggi gli NFT, Non-Funtable Tokens, spingono questa logica al suo culmine: l’opera non esiste più se non come asset finanziario, disincarnato da qualsiasi esperienza sensoriale o culturale. Nel 2021, un NFT dell’artista Beeple è stato venduto da Christie’s per 69 milioni di dollari, un prezzo giustificato non dal suo valore estetico, ma dalla sua artificiale scarsità.
Un ritorno alle origini?
Di fronte a questa mercificazione, alcune iniziative cercano di ridefinire il luogo dell’arte. Pertanto, il movimento “Art for Art’s Sake” promuove la creazione libera dalla logica economica. Ma possiamo davvero sfuggire al mercato? I musei stessi dipendono sempre più da sponsor e donatori, legati a logiche finanziarie.
Arte senza prezzo né valore?
L’arte è dunque condannata a oscillare tra sacralizzazione commerciale e svalutazione culturale? Una cosa è certa: ciò che non ha prezzo non si può misurare, ma forse è questa la vera libertà dell’arte. Come diceva Oscar Wilde: “Un cinico conosce il prezzo di tutto, ma il valore di niente”. In un’epoca di finanziarizzazione diffusa, come valutare il vero valore di ciò che non può avere prezzo?
Appendici: Fonti e riferimenti
1. Beniamino, Walter. L’opera d’arte al momento della sua riproducibilità tecnica, 1936.
2. Bourdieu, Pierre. Le Regole dell’Arte, edizioni Seuil, 1992.
3. Adorno, Theodor W. e Horkheimer, Max. Dialettica della ragione, edizioni Gallimard, 1944.
4. Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, 1890.
5. Dettagli dell’asta “Salvator Mundi”, Christie’s, 2017.
6. Vendita NFT di Beeple, Christie’s, 2021.