La Chaux-de-Fonds: Il Museo delle Belle vive tra Arno Schmidt e Adrian Schiess

-

La Chaux-de-Fonds

Il Museo delle Belle vive tra Arno Schmidt e Adrian Schiess

L’istituzione sta ora subendo una riorganizzazione creativa. Tutto è cambiato di posto per condurre a nuove prospettive.

Pubblicato oggi alle 20:18

Iscriviti ora e goditi la funzione di riproduzione audio.

BotTalk

“Tapentenwechsel”. Così i tedeschi parlano della necessità di uno sconvolgimento che può colpire tutti. Tutto è in linea di principio rinnovato. Se non disponiamo dei mezzi, i cambiamenti possono restare solo estetici. Mettiamo dall’alto al basso, da sinistra a destra e dal pavimento al soffitto. L’importante diventa l’impressione della metamorfosi. Ricordo, durante il mio unico incontro con Neil McGregor, allora direttore della National Gallery di Londra, di sentirlo dire che “a volte bastava cambiare l’ordine dei dipinti in una stanza per dare ai visitatori l’illusione del rinnovamento”. Tutto accade tanto nella testa quanto sui binari.

Sviluppo locale

È un fenomeno di questo tipo quello che ci invita oggi il Museo delle Belle Arti di La Chaux-de-Fonds. Il suo manager David Lemaire ha invertito l’ordine delle cose. Finora le collezioni permanenti si trovavano al piano superiore e le mostre permanenti al piano terra. Adesso è il contrario, con due eccezioni. Da qui la sensazione di ripartire, se non da zero, almeno su basi nuove. I fondi dell’istituto si rivelano così valorizzati. È ancora la base su cui poggia. E poi la pittura regionale non offre qui nulla di disonorevole, anzi. Soprattutto in uno spettacolare edificio rosso e giallo, ora ben restaurato. Artisti locali seguono la grande sala, dove risplendono i mosaici Art Déco di Charles Humbert, che quindi ampliano un po’. C’è Madeleine Woog, François Barraud, Monique Saint-Hélier (meglio conosciuta come scrittrice) e Aimé Barraud. Ma non solo…

Senza cronologia, il paramento collega infatti il ​​moderno con l’antico. Lo avvicina. Il visitatore può così imbattersi nella contemporaneità rappresentata da Sylvain Croci-Torti o Luc Mattenegger. Il lettore attento dei cartelli scopre di sfuggita che il museo si arricchisce, e in fretta. Ci sono molte donazioni o lasciti recenti, il che è comprensibile. Il pubblico del Museo delle Belle Arti ha l’impressione di coerenza e seguito. Sa di trovarsi in una buona casa grazie ai successivi mandati di Edmond Charrière (che ho sostituito un tempo alla “Tribune de Genève”), di Lada Umstätter (oggi alla testa della HEAD di Ginevra) e ora di David Lemaire ( che esce dal Mamco). Quindi un credito di fiducia. Conosco un collezionista ginevrino che ha deciso di lasciare in eredità le sue già antiche acquisizioni al museo dopo il rifiuto, ormai divenuto consueto, dei suoi discendenti, visibilmente disinteressati a tale eredità.

Pineta illuminata dal sole, con la scritta 'Arno Schmidt Black Mirror' in lettere maiuscole nere su sfondo chiaro.

C’è ancora una mostra temporanea sul pavimento, che collocherei nella categoria semi-contemporanea. Queste sono foto a colori, tutte quadrate, di Arno Schmidt (1914-1979). L’uomo rimane conosciuto come scrittore. Secondo alcuni specialisti rivoluzionò la letteratura tedesca del dopoguerra. Ciò non impedisce che rimanga pressoché assente nei paesi francofoni. L’uomo anche fotografato, per puro piacere. Ha trovato la sua ispirazione in una natura nordica, piatta e senza incidenti. Secondo lui la montagna costituiva un “barocco tellurico”. Ci sono quindi strade secondarie, una rete di piccoli sentieri, diversi margini del bosco e qualche casa nei campi. Niente di spettacolare. Nessuna vista mozzafiato. È la natura nella sua banalità, lontana dal sublime. Una natura notevolmente evidenziata dall’impiccagione di David Lemaire e Marie Gaitzsch, con un grande cubo bianco posto al centro di una grande stanza, proprio per creare una piccola complicità tra l’interno e l’esterno.

Edificio dalle pareti arancioni e beige con tetto spiovente, circondato da alcuni alberi in inverno.

Il primo piano è dedicato principalmente a una grande retrospettiva di Adrian Schiess, intitolata “No Idea”. Nato nel 1959 a Zurigo, l’uomo resta famoso soprattutto oltre Sarine. Vive però per metà a Le Locle, il che lo rende residente nel Giura di Neuchâtel. Da qui in parte la sua presenza in questi luoghi, con opere prevalentemente su carta. Una carta a volte strappata con forme irregolari. Per i curatori si trattava di presentare piccoli pezzi in spazi a volte immensi. Andare contro luoghi, comunque molto significativi. Era necessario anche convincere il pubblico a sostenere un’opera che non giocava in alcun modo sulla seduzione. “Nulla dies sine linea”. Adrian traccia così diversi spartiti al giorno, come un pianista fa le sue scale. Nessun ordine cronologico qui, che consentirebbe di seguire una progressione. Le foglie si uniscono senza necessariamente assomigliarsi. Ci sono, a quanto pare, “istantanee della realtà”. L’astrazione sarebbe solo apparente. Tuttavia ti fa sapere come vedere.

Tre dipinti astratti appesi su un muro bianco in una galleria d'arte con pavimento in legno.

Completano il tour alcune opere più attese di Adrian Schiess. Mi riferisco ai piatti laccati colorati, posti a terra (come i quadri di Sylvain Croci-Torti in basso). Pensiamo ai parafanghi delle auto che escono dalla carrozzeria. Questi pannelli sono circondati da paesaggi firmati da Charles L’Eplattenier, paladino del paesaggio del Giura nella prima metà del XX secolo. Ancora una volta tutto si fonde insieme. Ci sono sicuramente passaggi tra l’antico e il moderno. Ha molto successo anche se, come a me, alla fine non ci piace molto Adrian Schiess….

Pratico

“Arno Schmidt, Black Mirror”, “Adrian Schiess, No Idea”, Museo delle Belle Arti, 33, rue des Musées, La Chaux-de-Fonds, fino al 16 marzo. Tale. 032 967 60 77, sito web https://mbac.ch Aperto dal martedì alla domenica dalle 10:00 alle 17:00

Notiziario

“La settimana di Etienne Dumont”

Ogni venerdì trovate le notizie culturali tratte dal famoso giornalista.

Altre newsletter

Login

Nato nel 1948, Etienne Dumont studiato a Ginevra che gli furono di scarsa utilità. Latino, greco, diritto. Avvocato fallito, si dedicò al giornalismo. Molto spesso nelle sezioni culturali, ha lavorato dal marzo 1974 al maggio 2013 alla “Tribune de Genève”, iniziando parlando di cinema. Poi vennero le belle arti e i libri. Per il resto, come potete vedere, nulla da segnalare.Maggiori informazioni

Hai trovato un errore? Per favore segnalacelo.

-

PREV “Fu richiamato a Dio a mezzogiorno”, è morto all’età di 96 anni l’ex capo del Fronte nazionale
NEXT Scomparsa. Jean-Marie Le Pen, il “Menhir”, è morto a 96 anni