Secondo un rapporto pubblicato l’8 gennaio 2025 dal Gruppo di esperti delle Nazioni Unite, l’estrazione artigianale dell’oro nell’Ituri genera ricavi stimati in almeno 140 milioni di dollari all’anno per gruppi armati e reti criminali. Queste entrate, derivanti da attività illegali, sfuggono in gran parte al controllo statale, creando un divario tra le stime ufficiali e le cifre dichiarate.
Il rapporto rileva che la produzione artigianale di oro nell’Ituri è ufficialmente stimata in 1.800 chilogrammi all’anno. Tuttavia, nella prima metà del 2024, il Servizio di assistenza e vigilanza sulle miniere artigianali e su piccola scala (SAEMAPE) e la Cooperativa dei commercianti di oro dell’Ituri (COONORI) hanno registrato rispettivamente 17 chilogrammi e 24 chilogrammi di oro.
Le autorità minerarie spiegano questa lacuna con l’accesso limitato ai siti minerari, principalmente sotto il controllo di gruppi armati come CODECO-URDPC, il gruppo Zaire/ADCVI e l’FRPI. Sebbene alcune cooperative paghino la Polizia Nazionale Congolese (PNC) e le FARDC per garantire la loro sicurezza, i leader dei gruppi armati continuano a ricevere pagamenti in cambio della loro “protezione”.
Il comandante Baraka, figura influente del gruppo Zaire/ADCVI, controlla le attività economiche nel dominio di Mambisa, nel territorio di Djugu. Le sue attività illegali, tra cui l’estrazione dell’oro, la riscossione delle tasse e le tasse ai posti di blocco, generano circa 1,6 milioni di dollari al mese. Questo reddito viene riciclato attraverso investimenti immobiliari e commerciali a Mabanga, Iga-Barrière e Bunia.
Il rapporto evidenzia che queste pratiche costituiscono uno sfruttamento illecito delle risorse naturali e sono punibili con sanzioni internazionali ai sensi della risoluzione 2293 (2016) del Consiglio di Sicurezza. Gli esperti chiedono misure concrete per riprendere il controllo dei siti minerari e porre fine al finanziamento dei gruppi armati attraverso lo sfruttamento dell’oro.
