L’Iran sta intensificando gli sforzi per recuperare 25 milioni di barili di petrolio, per un valore di 1,75 miliardi di dollari, bloccati nei porti cinesi per sei anni a causa delle sanzioni imposte dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, secondo quattro fonti a conoscenza della questione, hanno riferito Reuters.
Questo approccio si inserisce in un contesto di emergenza in quanto Trump, che tornerà in carica il 20 gennaio, potrebbe ancora una volta inasprire le sanzioni contro le esportazioni di petrolio iraniano, come ha fatto durante il suo primo mandato.
La Cina, che non riconosce le sanzioni unilaterali, ha acquistato negli ultimi anni circa il 90% delle esportazioni di petrolio di Teheran a prezzi scontati, facendo risparmiare miliardi di dollari alle sue raffinerie. Tuttavia, il caso del petrolio bloccato illustra le sfide che l’Iran deve affrontare nel vendere il suo petrolio, anche alla Cina. Il petrolio in questione è stato consegnato ai porti cinesi intorno all’ottobre 2018 dalla compagnia nazionale iraniana NIOC, approfittando delle esenzioni concesse dall’amministrazione Trump. Immagazzinato nei porti di Dalian e Zhoushan, non ha mai trovato acquirenti dopo che Trump ha rimosso queste esenzioni all’inizio del 2019. La situazione è ulteriormente complicata dall’accumulo delle spese di stoccaggio. PDA Energy, che gestisce i giacimenti di Dalian, richiede più di 450 milioni di dollari in spese di stoccaggio accumulate dal 2018. A Zhoushan, i giacimenti sono gestiti da CGPC, un operatore privato.
Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha visitato Pechino a dicembre e, secondo una fonte iraniana vicina alle discussioni, avrebbe fatto alcuni progressi sulla questione del petrolio bloccato. Per recuperare questo petrolio, l’Iran dovrà affrontare notevoli sfide logistiche.
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