L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Türk ha accolto con favore, giovedì 2 gennaio 2025, l’abolizione della pena di morte. Chiede però che venga cancellata la disposizione secondo la quale tale abolizione può essere revocata in caso di stato di emergenza.
In un comunicato stampa, anche la ONG Amnesty International ha salutato questa abolizione come un “momento storico”. Alla fine del 2023, almeno 59 persone si trovavano nel braccio della morte nello Zimbabwe.
E in altri paesi del mondo?
In un rapporto pubblicato nella primavera del 2024, Amnesty International aveva specificato che nel 2023 erano state registrate esecuzioni in 16 paesi. La ONG aveva inoltre reso pubblico un elenco di 12 paesi che avevano effettuato esecuzioni nello stesso anno e che avevano regolarmente giustiziato persone nel corso del 2019. -2023.
Tra i paesi che sono apparsi lì, abbiamo trovato la Cina. All’epoca Amnesty International aveva precisato che il Paese aveva giustiziato migliaia di persone senza rivelare cifre precise.
Anche l’Iran era stato preso di mira. E per una buona ragione: le esecuzioni registrate (almeno 853) sono aumentate del 48% rispetto al 2022. Questa tendenza al rialzo è in gran parte spiegata dai picchi di esecuzioni per reati contro la legislazione sulla droga.
Dietro troviamo paesi come l’Arabia Saudita (172 esecuzioni), la Somalia (38), ma anche gli Stati Uniti (24), dove le cifre rimangono tra le più basse registrate nel paese.
Il rapporto di Amnesty ha inoltre rilevato che la Corea del Nord probabilmente fa ampio uso della pena capitale, ma una verifica indipendente è stata difficile.
Amnesty International ha inoltre osservato che non sono state registrate esecuzioni in diversi paesi che hanno compiuto omicidi nel 2022. Tra questi figurano Bielorussia, Giappone, Myanmar e Sud Sudan.
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