« “Ma stai zitto!” : È questo il grido che è risuonato ieri al tribunale penale di Parigi, dove si sta svolgendo il processo contro il regista Christophe Ruggia per violenza sessuale sull’attrice Adèle Haenel, quando aveva 12 anni. Francamente, chi non ha sognato di urlare le proprie quattro verità in faccia a qualcuno che ci prende visibilmente per scemi? Anche se siamo regolarmente entusiasti della dignità e della calma delle vittime, a volte le vediamo anche abbandonare la strada. E francamente, è divertente.
➤ Stai leggendo la Lettera della Redazione di Rivista di filosofia. Per riceverlo direttamente nella tua casella di posta, iscriviti! Questo notiziario è giornaliero e gratuito.
Mentre l’imputato sembra confuso nelle spiegazioni e afferma di avere a cuore solo la tutela del minore all’epoca dei fatti, Adele Haenel esplode, ricordando il modo ha lasciato la cerimonia dei César nel febbraio 2020. Secondo i numerosi giornalisti presenti in tribunale, le domande si concentravano sulle condizioni di ripresa del film I diavoli (2002), dove una giovanissima Adèle Haenel interpretava una ragazzina autistica in fuga con suo fratello (Vincenzo Rottiers). L’attrice descrive un clima di controllo, il desiderio del regista di isolarla dai suoi genitori e dalla sua tata, un’atmosfera che trova pesante e appiccicosa, e talvolta richieste inappropriate. Riguarda anche quei sabato pomeriggio in cui Christophe Ruggia lo invita a raggiungerlo a casa sua nonostante le riprese siano finite da tempo e un incidente che provoca una rottura.
Il francese ha diverse parole per dire rabbia: esplosione, rabbia, ira, capriccio, furia, ira… A seconda del registro linguistico, traspone questo affetto o sul lato del potere divino, o sul lato del patologico, dello psichiatrico. In un tribunale dove i dibattiti dovrebbero rimanere civili, si potrebbe sostenere che qualcuno che perde la pazienza e lascia uscire parolacce dalla sua bocca non sa come comportarsi. Mentre sui fastidi calmi e piuttosto discreti si è scritto molto Gisele Pelicot – chi ne ha ancora finì anche per perdere la pazienza ieri e ha lasciato l’udienza mentre un avvocato difensore lasciava intendere la complicità con l’ex marito: Adèle Haenel è nota per il suo temperamento vulcanico. In un video di YouTube dove parla delle riprese di diavoliAdèle, 21 anni, ripercorre il suo modo di interpretare il personaggio di Chloé: “Se viene solo da te, è completamente te, ma un’altra versione di te stesso. Ma se imi qualcuno, allora è l’altro in te, non è la stessa cosa. Non è affatto la tua identità. Ad esempio, se avessi visto molti film sulle persone autistiche prima di realizzare il film, non sarei stato affatto io. Avrei potuto semplicemente dirti: ‘Quello che ho dentro, in Chloé, è che… mi arrabbio facilmente’, sai?”
Questa disinvoltura è un residuo dell’infanzia che non ha del tutto integrato le buone maniere, oppure deriva da un rifiuto razionale di sopportare ciò che viene percepito come un’ingiustizia? I capricci infantili vengono spesso definiti capricci o paradossali “grandi capricci”, che significa qualcosa di più simile a “cacca nervosa” il cui autore non potrebbe essere altro che un monello viziato e male educato. Un modo per squalificare l’espressione di una frustrazione che è tuttavia legittima, poiché le parole dei bambini spesso non contano nulla. “La condizione del bambino è quella di una condizione diminuita e ancora sottovalutata nella sua verità e nei suoi bisogni – anche nei nostri Paesi occidentali, dove è sempre più tutelato. L’ho sentito subito nella mia infanzia: stavo soffocando sotto le ingiunzioni sia degli insegnanti che dei miei genitori. Chiaramente non ero preso sul serio dagli adulti. […] Impossibile ribellarsi, se non infuriarsi, in modo aperto e compiuto”ricorda Sophie Galabrù In Il volto della nostra rabbia (Flammarion, 2022). Se la rabbia può esserlo “razionale e analitico”come descritto dal maestro Anouck Michelinl’avvocato di Adèle Haenel, nella sua difesa, può coesistere completamente “la rabbia di un bambino”. Tra i due non c’è opposizione ma continuità. Quest’ultimo si esprime semplicemente con parole che non vengono infastidite dalla stretta dei filtri social.
Ce n’è un altro “Ma stai zitto!” famoso che mi viene in mente. Qual è la differenza tra a Alain Finkielkraut che si stacca dai cardini sul set di Stasera (o mai più!) nel 2013 e Adèle Haenel ieri? Il contesto, ovviamente – anche se ci troviamo in un dibattito piuttosto intellettuale, ci aspettiamo sempre scontrarsi perché in fondo è anche di questo che si nutre un “momento televisivo”. Ma anche la postura di potere della persona. Haenel è un’attrice, certamente, e in questo possiamo considerarla come un individuo la cui influenza porta con sé. Ma cosa dimostra il business Judith Godreche, Isilda Le Besco o meno recentemente Maria Schneidertanto è vero che le parole delle attrici, spesso infantilizzate, sono state a lungo coperte da un velo di silenzio. Quando il “stai zitto” del filosofo suona come il fastidio di un signore che riformula il suo servitore guardandolo dall’alto in basso, il “Chiudi la bocca” di Adèle Haenel parla di vulnerabilità, di sofferenza al limite. Inoltre, la maleducazione, se espressa in un contesto molto educato, è potente in quanto rivela la violenza delle istituzioni. La persona che perde le staffe si espone certamente, ma rivela anche la rigidità, l’immobilità, la freddezza del muro contro cui si arrabbia. Alcune persone hanno paura di vederlo rompersi. E poi altri si alzano e lo rompono. »