Mentre gli anni 80e Si avvicina l'anniversario della liberazione dei campi di concentramento nella Germania orientale da parte dell'Armata Rossa, non si impone tanto un dovere di memoria ma un divieto ancora più forte di non dimenticare che obbliga ciascuno di noi. Bisogna osare guardare e poi leggere il fumetto “Kinderzimmer” (la stanza dei bambini) che Ivan Gros ha composto basandosi sul romanzo di Valentine Goby, per il quale firma una prefazione di bella profondità.
Come scrivere “l'impossibile plausibilità”, come disegnare l'improbabile possibilità quando si racconta la storia di queste 132.000 donne e bambini che furono radunati, perseguitati, picchiati, fatti morire di fame a Ravensbrück e di cui 90.000 non tornarono? Prendi il coraggio con entrambe le mani per girare le pagine, il peggio dopo il peggio, con due occhi, osiamo scrivere, l'indicibile dopo l'irrappresentabile.
Bisogna leggere, vedere, rileggere, rivedere, decifrare, sezionare, decifrare, mettere da parte l'opera, riprenderla, tornare indietro, andare direttamente allo straordinario fascicolo documentario alla fine, e riprendere il filo di una storia insopportabile che dobbiamo affrontare per restituire dignità a queste decine di migliaia di donne inghiottite dalla pura barbarie. L'autore stesso, perfettamente cosciente del terrore che mostra, è costretto a fare delle pause, lunghe doppie pagine piene di fumetti rettangolari dove non smette mai di interrogarsi su cosa sta facendo, come sta, deve farlo per non cadere nel pathos. , per essere il più vicino possibile ad una realtà così irreale da cui sfuggirà sempre.
Ivan Gros ha trascorso migliaia di ore, in dieci anni, copiando a mano libera i rari disegni salvati di 20 donne imprigionate nei campi.
Per rendere conto di ciò che è stato, il più fedelmente possibile a ciò che è stato, l'autore sceglie due strade diverse. Il primo è la finzione. Mila è una combattente della resistenza francese che è stata arrestata mentre era incinta e poi deportata. In questa macchina di morte sormontata dai camini dei crematori, lei darà la vita, partorirà. Mila vuole questo bambino, lo adora, ma da sola questo è impossibile. Per sopravvivere, tutte le donne intorno a lui devono aiutarlo.
Solo la solidarietà di tutti permette al bambino, che diventa quello di tutti, di sopravvivere. Un povero ciuccio, una misera biancheria, una coperta mal cucita, ma è tutta la bellezza della vita contro l'orrore quotidiano, contro la fame, il freddo, il lavoro massacrante, le latrine luride, le percosse, le umiliazioni, i castighi, gli insulti, la dissenteria , tifo e pidocchi onnipresenti… fino al nostro ritorno.
Il secondo modo è l’estetica scelta. Ivan Gros ha trascorso migliaia di ore, in dieci anni, copiando a mano libera i rari disegni salvati di donne che hanno abbozzato, scarabocchiato, lasciato traccia di ciò che hanno vissuto, ciò che l'autore chiama “prova tramite disegno”. Carte fragili, tecniche minimali basate su mine saccheggiate, testimonianze clandestine, resistenze figurative, presunta clandestinità, questi disegni, come asserisce lo storico dell'arte Georges Didi-Huberman, restano in “sopravvivenza”insieme alle donne sopravvissute.
Scommettendo sul disegno non come loro, ma attraverso di loro, ponendosi all'ombra dell'eredità di Käthe Kollwitz e della sua linea oscura, Ivan Gros può allora rivendicare un espressionismo figurativo per disegnare l'“indisegnabile” e rendere omaggio alle 20 donne i cui disegni sono stati conservati. Nessuno può uscire indenne da questa lettura che mette a nudo la vita, non quella della nudità dei corpi ma quella che mostra “L’umanità in tutta la sua disumanità”. Certo, Sacha vivrà, ma le ultime parole risuonano stranamente nel nostro presente. “La guerra non è finita. »
“Kinderzimmer”, di Ivan Gros, tratto dal romanzo di Valentine Goby, Actes Sud BD.
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