Fu con la deliberazione n°112-58 del 18 novembre 1958 che l’ex territorio del Medio Congo, sotto la colonizzazione della Francia, fu istituito come Stato membro della Comunità creata da Charles De Gaulle e divenne la Repubblica del Congo. Ma cos’è la Repubblica? A 66 anni dalla sua fondazione, cosa ne è stato della Repubblica del Congo?
La Repubblica è “la cosa pubblica. È uno Stato, qualunque sia la sua forma di governo, in cui i rappresentanti eletti dal popolo sono responsabili nei confronti della Nazione. Per questo la Repubblica ha sempre voluto trasmettere il messaggio di libertà, pace, concordia e giustizia. La Repubblica significa rendere l’individuo responsabile della vita, non solo per se stesso, ma anche per la comunità. La Repubblica significa mettere al primo posto il rispetto della dignità dell’uomo, rifiutando il tribalismo, il neotribalismo, il regionalismo, il clanismo, il nepotismo e bandendo l’imprudenza di chi pretende di sapere o di avere ragione.
Repubblica significa anche educare alla cittadinanza responsabile non solo in modo formale, ma anche attraverso l’esempio e il superamento di sé stessi. La Repubblica non è un’opportunità per i leader di esercitare il potere fine a se stesso, di aprire le porte dell’arricchimento, attraverso il saccheggio dello Stato, ma di servire il popolo che ha concesso loro il suo voto.
La Repubblica significa finalmente prendersi cura del futuro di tutti i congolesi. Sta a tutti immaginare e promuovere questo futuro. Perché, come diceva Carrel, “il futuro appartiene solo a chi rischia tutto per un ideale. E la saggezza, ha aggiunto, non è vivere per non fare nulla, per divertirsi stupidamente, ma vivere eroicamente. Da parte sua, Nelson Mandela ci diceva: “Attraverso gli sforzi congiunti degli uomini, l’ingiustizia può essere superata e tutti possono sperimentare una vita migliore”.
Mons. Michel Bernard, allora arcivescovo di Brazzaville (dal 1954 al 1964), da parte sua, ha affermato, in una delle sue omelie davanti al primo presidente della Repubblica del Congo, l’abate Fulbert Youlou, che i membri del governo e i congolesi venuti assistere alla Messa di consacrazione del nostro Paese alla Beata Vergine Maria, nel giorno dell’Indipendenza, 15 agosto 1960: «Domani, e ricordo qui il pensiero di Jean XXIII, domani, per prendere il suo posto nel mondo, è volontà che il nuovo Stato dovrà dimostrare e nessuno può contestare che la parola implichi una decisione di disciplina, di sforzo continuo e di sacrificio.
Non c’è vita sociale possibile, non c’è vita nazionale concepibile, se, quando il bene comune lo esige, gli interessi particolari non sanno cedere, se non c’è, per tutti i membri della Nazione, una comunità di destino, se i più favoriti dalla situazione e dalla cultura non sanno mettersi generosamente al servizio dei fratelli più bisognosi.
Solo una forte corrente di entusiasmo e un appassionato amore per la patria possono alimentare questo desiderio di fatica e di sacrificio; da soli possono mettere a tacere i particolarismi sterilizzanti; da soli, possono scongiurare la creazione di blocchi ostili che si opporrebbero violentemente nella Nazione da un lato ai più attrezzati e dall’altro a coloro che sarebbero schiacciati dal sentimento dell’ingiustizia.
È un magnifico compito offerto ai nostri leader, Papa Pio XII, controllare, aiutare e regolare le attività private e individuali della vita nazionale, per farle convergere armoniosamente verso il bene comune.
Questo è ciò che possiamo ricordare della Repubblica.
66 anni dopo, che fine ha fatto la nostra Repubblica?
La nostra Repubblica compie oggi 66 anni. Possiamo affermare con sincerità e orgoglio che ha voluto trasmettere il messaggio di libertà, pace, armonia e giustizia? La nostra Repubblica avrebbe messo al primo posto il rispetto della dignità umana? Avrebbe rifiutato il tribalismo, il neo-tribalismo, il clanismo, il regionalismo? La nostra Repubblica avrebbe ecc, ecc, ecc? Lascio a ciascuno di noi il compito di rispondere, con franchezza, guardandosi allo specchio, a tutte queste domande che mi permetto di sollevare qui.
D’altra parte, in 66 anni di esistenza, lo spirito della Repubblica ci ha ispirato a diffondere ovunque i valori, la promozione di ogni persona, la capacità di essere dignitosa in ogni circostanza, la lotta al tribalismo, al nepotismo, contro favoritismi, contro il clanismo, contro l’esclusione, contro la brutalità? Non credo.
Per questo chiedo patriotticamente di promuovere la cultura della pace, di combattere l’odio e la violenza e di evitare di essere taciti complici e di lasciare alcuni nostri connazionali sul ciglio della strada; per combattere il tribalismo anche attraverso la conoscenza degli altri. Perché è l’ignoranza che causa la paura degli altri. Crediamo nell’integrazione delle differenze. Per questo dobbiamo insegnare, molto presto, ai giovani che sono il vivaio della nostra Repubblica, a rispettare l’opinione di chi la pensa diversamente. “Dobbiamo perseguire con vigore la conquista della pace nei cuori e nelle coscienze dei nostri compatrioti…”, ha affermato il presidente Denis Sassou-Nguesso.
Quale Repubblica lasceremo alle generazioni future? Quello dei bambini neri e dei koulounas o quello che sprofonda nella povertà, nei senzatetto, nel caos economico e sociale o anche quello in cui gli antivalori sono e saranno legioni, o infine quello in cui la scuola pubblica è in procinto di scomparire a favore delle scuole private, alcune delle quali di dubbia qualità e che spuntano come funghi ad ogni angolo di strada? O dove l’assistenza sanitaria che una volta era gratuita non è più accessibile alla popolazione? Quello in cui i malati in ospedale muoiono per mancanza di medicine che non possono permettersi? O quello dove purtroppo si è instaurato il desiderio sfrenato di possedere denaro e di trasformare i beni materiali in idoli?
Spetta quindi alla nostra generazione denunciare con coraggio e senza compiacimento tutti questi mali che ostacolano lo sviluppo armonioso della nostra Repubblica, del nostro Paese, del nostro Stato, del Congo, affinché il nostro triste e vergognoso passato non diventi per i giovani del oggi oggi e per i bambini che nasceranno domani, il loro futuro.
Costruiamo dunque, da Nord a Sud, da Est a Ovest, da Liranga a Boko, da Kakamouéka a Épena, la nostra Repubblica dell’Unità, del Lavoro e del Progresso, come ben dice il nostro motto. Inoltre, come ha detto molto bene Martin Luther King Junior, “dobbiamo imparare a vivere insieme come fratelli, altrimenti moriremo tutti insieme come idioti”. Perché “più che mai lo Stato ha bisogno che ogni congolese si mobiliti per consentirne la continuità e l’emergenza. Questa mobilitazione dovrebbe avvenire a più livelli, a partire dall’alto con le autorità pubbliche, fino alla base con la società civile… Ogni cittadino e residente deve capire che ha una parte di responsabilità e il proprio contributo da dare alla situazione “. edificio che rappresenta la Repubblica del Congo”, afferma la nostra connazionale Lydie Patricia Ondziet.
Quindi dimentichiamo ciò che ci divide; siamo più uniti che mai, dando priorità alla nostra Repubblica, al nostro Stato, al nostro Paese, al Congo che è un grande progetto; e questo per la vera pace, affinché tutti i congolesi vivano nella felicità, nell’armonia, nella libertà, nell’uguaglianza, nella fraternità, nella tolleranza e in una pace vera e anche duratura. Quanto tempo aspetteremo noi congolesi per avere una Repubblica dove vivremo tutti “nella pace dei cuori e nella tranquillità delle menti”? Quanto tempo aspetterà il nostro Paese immensamente ricco per diventare “una piccola Svizzera”, come hanno annunciato i presidenti Fulbert Youlou e Pascal Lissouba? Cosa abbiamo fatto con il motto “Unità-Lavoro-Progresso”, sostenuto dal presidente Fulbert Youlou? Che cosa abbiamo fatto con le aziende pubbliche come Ofnacom, Oncpa, Chacona, Atc, Cfco, la stazione della frutta di Loudima, Cidolou, le fabbriche di fiammiferi Bétou, le fabbriche Sotexco, Impreco, Socodi, ecc.? Che cosa abbiamo fatto, in una parola, con il patrimonio economico lasciatoci in eredità dal presidente Alphonse Massamba-Débat? Cosa abbiamo fatto con il patriottismo instillato in noi dal presidente Marien Ngouabi? Che cosa abbiamo fatto con il rigore nel lavoro lasciato in eredità dal presidente Jacques Joachim Yhomby-Opango? Che cosa abbiamo fatto con l’esortazione del presidente Pascal Lissouba a dare priorità al Congo e al popolo congolese? Che cosa abbiamo pensato di questo nobile pensiero del primo ministro André Milongo: “La mia concezione del potere non è quella del potere fine a se stesso, per aprirmi le porte dell’arricchimento, attraverso la rapina dello Stato, ma quella di servire il popolo che mi hanno concesso il loro voto”?
Che cosa abbiamo pensato di questa nobile esortazione di Mons. Ernest Nkombo: “Non mentirai; non rubare; non ucciderai”? Infine, cosa facciamo con la cultura della pace e della tranquillità che il presidente Denis Sassou-Nguesso continua a sostenere? Che cosa è successo ai nostri dipartimenti agricoli: Bouenza, Lékoumou, Plateaux, Pool e Sangha? Cosa è successo ai nostri ricavi derivanti dal petrolio, dalle miniere e dal legname?
La Repubblica del Congo, il cui popolo ha sperimentato e continua a sperimentare le macabre conseguenze della violenza, dell’odio, della morte sfrenata, della povertà, dell’esclusione e dell’ingiustizia, resta un progetto ampio e permanente da ricostruire. Sì, ci sono ingiustizie. Ci sono sempre più poveri. Ci sono pensionati che vivono o sopravvivono con magre pensioni pagate molto tardi. Ci sono pazienti che muoiono per mancanza di cure e di denaro. Ci sono giovani laureati disoccupati o rimasti disoccupati o addirittura abbandonati a se stessi.
La massima di Pierre Corneille, “il valore non aspetta il numero degli anni”, non è più altro che una semplice illusione per i giovani congolesi. Come ha affermato Papa Francesco, «il grande progetto di ricostruzione deve consentire il miglioramento delle infrastrutture e rispondere ai bisogni materiali, ma anche – e questo è più importante – promuovere la dignità umana, il rispetto dei diritti dell’uomo e la piena integrazione di tutti i membri della società.
Rimango convinto che la nostra Repubblica, con la consapevolezza dei suoi cittadini, può riconquistare la sua grandezza, la sua dignità e la sua unità, senza costruire tra di noi muri di odio, tribalismo, esclusione e pregiudizio. Come resto anch’io convinto che possiamo instillare in noi stessi lo spirito della Repubblica, quale spirito è la diffusione dei valori, la promozione di ogni persona, la capacità di essere dignitosa in ogni circostanza, la lotta contro lo sfruttamento delle persone e contro brutalità. Infine, dobbiamo solo avere una ferma volontà patriottica e politica per raggiungere questo obiettivo. Dove c’è una volontà, c’è una strada. Abbiamo questo testamento? “Questo è il problema”, come dicono gli anglosassoni!
Viva la Repubblica del Congo!
Viva il nostro bellissimo e ricco Paese!
Viva i 66 anni della nostra Repubblica!
A Molti Anni!
Dieudonné
ANTOINE-GANGA
Ex ministro