Morte di Naomi Musenga: l’operatrice Samu sotto processo a Strasburgo

Morte di Naomi Musenga: l’operatrice Samu sotto processo a Strasburgo
Morte di Naomi Musenga: l’operatrice Samu sotto processo a Strasburgo
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A più di sei anni dai fatti, l’operatore Samu di Strasburgo che alla fine del 2017 scherniva al telefono Naomi Musenga, una giovane di 22 anni morta poche ore dopo in ospedale, è stato processato giovedì per “mancata comunicazione”. soccorrere chiunque sia in pericolo”.

Madre di un bambino di 18 mesi, Naomi Musenga è morta il 29 dicembre 2017 all’ospedale di Strasburgo dopo essere stata curata con “un ritardo complessivo di quasi 2 ore e 20 minuti”, secondo un rapporto dell’Ispettorato generale degli affari sociali (Igas).

Lamentando un forte mal di stomaco, la giovane ha contattato i vigili del fuoco che hanno trasferito la chiamata alla SAMU. Lo scambio tra i due operatori era già avvenuto “in tono beffardo”, nota l’Igas.

“Mi fa molto male lo stomaco”, “sto per morire…”, ha poi sussurrato Naomi, faticando ad esprimersi. “Sì, morirai, sicuramente un giorno come tutti gli altri”, ha ribattuto il regolatore, usando “un tono duro, intimidatorio e inappropriato di fronte alle ripetute richieste di aiuto”, sempre secondo Igas. Prima di riattaccare.

Al termine del colloquio, l’ente regolatore non aveva trasmesso la chiamata al medico curante, contrariamente a quanto previsto dalla procedura in caso di dolore addominale e non aveva fatto “nessuna domanda” per informare “sulle condizioni cliniche del paziente”, ha sottolineato fuori dalle Iga.

La vicenda suscitò un’ondata di indignazione nazionale dopo che le registrazioni delle conversazioni telefoniche furono diffuse pochi mesi dopo sui media e sui social network.

“Nessun nesso causale” secondo gli esperti

L’operatore, sospeso definitivamente da Samu, è stato incriminato nel corso dell’inchiesta giudiziaria per mancata assistenza a persona in pericolo.

L’inchiesta è stata aperta anche per “omicidio colposo”. Ma secondo la perizia scientifica non esiste “nessun nesso causale” tra il ritardo nell’assistenza della giovane e la sua morte. Naomi Musenga era già «al di là di ogni risorsa terapeutica al momento della prima chiamata a Samu», precisa l’inchiesta.

Anche l’operatore, 60 anni, dovrà rispondere solo di mancata assistenza a una persona in pericolo, per “non aver rispettato i protocolli” di cura “e le buone pratiche” del Samu, secondo l’accusa. Rischia cinque anni di reclusione e una multa di 75.000 euro.

Il suo avvocato Olivier Grimaldi contesta questo procedimento e si rammarica anche del fatto che il datore di lavoro oi superiori del suo cliente non siano stati perseguiti.

“Possiamo solo sorprenderci che lei sia l’unica accusata in questo caso”, ha detto all’AFP a maggio. “In un ospedale c’è una catena di responsabilità. Molti avrebbero dovuto assumersi le proprie responsabilità, non lasciare solo un agente di categoria C di fronte ai fatti accaduti”.

“Non pensavo altro”, dice la sorella di Naomi

La famiglia della vittima, da parte sua, ha espresso la propria soddisfazione nel vedere questa procedura portare ad un processo. “Stiamo aspettando questo, perché dobbiamo andare avanti. Per diversi anni non ho avuto una vita decente, pensavo solo a questo tutto il tempo”, ha detto Louange Musenga, la sorella della vittima.

Si rammarica però anche che l’operatore sia l’unica persona deferita al tribunale. “C’è tutta una catena di responsabilità che non è stata evidenziata”, ha detto.

Il rapporto Igas, infatti, aveva segnalato “gravi disfunzioni” all’interno di Samu 67 e deplorato il fatto che nessun “evento avverso grave” fosse stato segnalato all’Agenzia sanitaria regionale. Il suo direttore si era dimesso.

Nel luglio 2019, 18 mesi dopo la morte di Naomi Musenga, è stato creato il diploma di assistente di regolamentazione medica (ARM), ora obbligatorio per lavorare nei centri di regolamentazione delle chiamate dei servizi di assistenza medica urgente.

Il diploma prevede 11 mesi di formazione, metà dei quali sotto forma di tirocini pratici.

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