Con “Prime Time”, il maestro della suspense Maxime Chattam dispiega tutta la sua arte in una storia che mescola azione e negoziazione. In questa frenetica corsa contro il tempo mette in risalto il cinismo dei media, i giochi di potere tra polizia e politica e i conflitti morali.
Alle 19:58 vengono lanciati i titoli del telegiornale del canale MDI, due minuti prima delle 20:00 per grigliare la concorrenza. All'improvviso, Paul Daki-Ferrand, il giornalista di punta che attira sullo schermo più di sei milioni di telespettatori ogni sera, viene preso in ostaggio da un uomo mascherato e armato.
Con compostezza e determinazione, il rapitore, alias Kratos, pistola automatica puntata alla testa del presentatore, annuncia il colore della sua voce sintetizzata: “Come puoi vedere, questo non è più il tuo telegiornale della sera. La situazione è sotto il mio controllo da ora Se il segnale viene interrotto, Paul verrà ucciso.”
Una suspense che crea potere
La notte sarà lunga dietro le quinte dell'MDI, ore di angoscia e stress per Paul e gli altri ostaggi sul set, per i responsabili del giornale in gestione, per Charlène, la redattrice, mediatrice improvvisata venuta in contatto con l'ostaggio acquirente attraverso un auricolare. Yanis, la negoziatrice del GIGN (Gruppo nazionale di intervento della gendarmeria), sottolinea di essere riuscita a creare un legame di fiducia con il criminale.
Si lascia inseguire e la pilota con un obiettivo: smascherare Kratos e le sue vere ambizioni. Si tratta di una vendetta personale, di un appello all'insurrezione, di un rapimento con riscatto o di un sordido reality show che non esiterebbe più a invocare la morte in diretta per far esplodere tutti i record di ascolto?
Con “Prime Time”, il giornalista del thriller non è l'unico ostaggio. Anche il lettore è prigioniero suo malgrado in un romanzo impossibile da mettere da parte perché la suspense è tanta. La reclusione e l'urgenza di agire, senza mettere in pericolo la vita degli ostaggi, così come la lentezza della storia che naviga abilmente tra psicologia e azione, funzionano come un esaltatore di tensione. Maxime Chattam ha anche il buon gusto di concludere ciascuno dei brevi capitoli con una rivelazione, un'ipotesi da verificare, un bagno di sangue sul set, un silenzio mortale della direzione o una confusa confidenza di un protagonista.
Leggere un thriller è come andare sulle montagne russe. Per renderlo avvincente, hai bisogno di una tensione che sale e scende, una narrazione che ti trascina in una storia in cui non sai dove stai andando o come ci arriverai.
Una società dove l'immagine regna sovrana
Ben documentato dietro le quinte di un telegiornale e sui metodi del GIGN, Maxime Chattam distilla i suoi indizi goccia a goccia e si diverte a considerare tutte le strade, serie o eccentriche, flirtando finemente con la teoria del complotto. Con il passare della notte, complice la stanchezza, ogni parola pronunciata da Charlene, ogni reazione del rapitore, accentua la fragilità di una situazione già precaria, aprendo la strada a un possibile scivolone sanguinoso. Dovremmo attaccare o no? Cosa sceglieranno i politici di fronte alle raccomandazioni del GIGN?
Con i suoi personaggi complessi immersi in questa soffocante porta chiusa, costretti a negoziare con i propri difetti per evitare di affondare o rischiare di essere smascherati, Maxime Chattam va intelligentemente oltre gli schemi del thriller divertente per denunciare alcuni difetti della nostra società dell'immagine della regina, dove la televisione si è affermata come fornitrice ufficiale dell’oscurità, dello sordido e della paura, dove internet è protagonista, dove il pubblico voyeuristico si aggrappa ai propri schermi, a volte prendendosi agisce.
Ma chi trae vantaggio da questo crimine? Questa è la domanda che attraversa questo thriller e alla quale Maxime Chattam, particolarmente ispirato, fornisce una risposta che sfida ogni aspettativa in un gustoso epilogo.
Philippe Congiusti/sf
Maxime Chattam, “Prime Time”, edizioni Albin Michel, ottobre 2024.
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