La Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto anche nei confronti di Yoav Gallant, l’ex ministro della Difesa israeliano.
Pubblicato il 21/11/2024 21:18
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Giovedì 21 novembre la Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant e contro il capo del braccio armato di Hamas Mohammed Deif, per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. “Bugie pure e assurde”ha reagito Benjamin Netanyahu.
In Israele, questo è ovviamente uno shock. La richiesta di mandato d’arresto contro l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant e, soprattutto, contro l’attuale primo ministro Benjamin Netanyahu, è stata quindi convalidata da questi tre giudici della camera preliminare della Corte penale internazionale. Ciò apre quindi la strada ad un possibile processo. Secondo un osservatore israeliano, un ex diplomatico piuttosto moderato nei commenti e nelle opinioni politiche, questa decisione è vista quasi come un insulto alla giustizia e alla democrazia del Paese. Ciò che i giudici della CPI dicono oggi a Israele, secondo lui, è che credono che la democrazia dello Stato ebraico non sia abbastanza forte per giudicare da sola i suoi leader e che la giustizia internazionale debba quindi sostituire la giustizia nazionale. Come se Israele, ha detto, non fosse più uno Stato di diritto.
Da giovedì 21 novembre Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant potranno quindi essere arrestati sul territorio, e anche sui territori dei 124 Paesi che hanno ratificato il Trattato di Roma. Questo trattato regola il funzionamento della CPI. Ciò include ovviamente la Francia ma anche altri grandi paesi come il Canada, la Gran Bretagna o la Germania. Gli Stati Uniti, invece, non se ne preoccupano perché non riconoscono la giurisdizione della Corte penale internazionale.
Ci sono anche conseguenze per i viaggi diplomatici in Israele e, attualmente, per i negoziati in corso sulla guerra in Libano. Molti leader dovranno prendere posizione e alcuni dovrebbero rifiutarsi di venire in Israele per parlare con un leader ricercato da molte forze di polizia in tutto il mondo. Infine, a livello interno, è molto probabile che Benjamin Netanyahu adotti una strategia del tipo “solo contro tutti” che finora ha funzionato piuttosto bene. La società dello Stato ebraico sta infatti, in queste guerre che considera esistenziali, dietro i suoi leader che devono, secondo molti israeliani, affrontare un mondo che non li capisce.
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