Un allevatore della Patagonia argentina è stato condannato mercoledì a tre anni di prigione, anche se dovrebbe sfuggire al carcere, per crudeltà sugli animali, ritenuto colpevole di aver ucciso più di cento pinguini.
L’allevatore di pecore della provincia di Chubut (a sud, a 1.400 chilometri da Buenos Aires) è stato processato per aver distrutto nidi e ucciso più di un centinaio di pulcini disboscando i suoi terreni lungo la riserva di Punta Tumbo, che ospita una delle principali colonie di pinguini di Magellano (Spheniscus magellanicus) nel continente, sulla costa atlantica.
L’allevatore non deve essere incarcerato; gli possono essere offerte pene alternative al carcere per una prima condanna inferiore a tre anni, secondo i termini del Codice Penale argentino.
Secondo l’accusa, che lo ha ammesso colpevole il 7 novembre, il suo atto deliberato “ha avuto un impatto negativo sull’ambiente e ha causato la morte dei pinguini di Magellano”.
Il pubblico ministero Maria Florencia Gomez, che aveva chiesto quattro anni di reclusione per conto del pubblico ministero, ha stimato che l’allevatore aveva agito con “crudeltà” e causato danni “irreversibili” con il suo escavatore meccanico “ripulendo e rivoltando il terreno (.. .) prendere uova e pulcini”.
La provincia e gli ambientalisti stimarono all’epoca che durante la stagione riproduttiva fossero stati distrutti circa 175 nidi.
L’organizzazione ambientalista Greenpeace, querelante, ha accolto con favore la condanna in questo caso che “costituisce un passo importante per la giustizia ambientale, la protezione dei pinguini e della natura” e “crea un precedente nella difesa dei nostri ecosistemi paese”.
L’allevatore ha riconosciuto che “il metodo utilizzato non era corretto”, ma ha ritenuto di “non avere altra scelta, a causa degli insuccessi dello Stato negli ultimi 10 anni”, per stabilire vie di accesso e confini tra il suo campo e la riserva.
Il pinguino di Magellano è una specie protetta, ma considerata dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) come “least preoccupance”, cioè a basso rischio di estinzione, anche se in declino demografico.