Il Sud Sudan ha uno dei tassi di inflazione più alti al mondo: 55% in un anno, secondo il Fondo monetario internazionale (FMI). Questa è la conseguenza della profonda crisi economica vissuta da questo Paese devastato dal cambiamento climatico e dall’instabilità, e che importa quasi tutto ciò che consuma. La sua unica fonte di valuta estera proviene dalle esportazioni di petrolio, ma dal marzo di quest’anno l’oleodotto è fermo. Nonostante gli annunci di un’imminente ripresa delle esportazioni, la situazione evidenzia la necessità di diversificare l’economia, rileva RFI.
La sterlina sudsudanese ha perso quattro volte il suo valore rispetto al dollaro. Conseguenza: il prezzo dei beni di prima necessità lievita. A settembre il governo ha annunciato la vendita di prodotti alimentari a prezzi agevolati e la Banca Centrale ha immesso dollari nel mercato valutario.
Oltre il 90% delle entrate del paese dipendono dalle esportazioni di petrolio, che avvengono attraverso due oleodotti che trasportano il greggio sud sudanese a Port Sudan, sul Mar Rosso. Tuttavia, da marzo di quest’anno, l’oleodotto che trasporta il 70% del petrolio è stato fermato a causa della guerra che infuria in Sudan.
Se il Ministero del Petrolio ha annunciato l’imminente ripresa delle esportazioni, anche il presidente della Camera di Commercio dello Stato dell’Equatoria Centrale osserva i limiti delle misure adottate per controllare l’inflazione.
Una diversificazione dell’economia è tanto più auspicabile data l’incertezza che circonda la ripresa delle esportazioni di petrolio, come sottolinea Daniel Akech Thiong dell’International Crisis Group (ICG): “Se le parti in conflitto in Sudan non concludono Se c’è Senza cessate il fuoco nelle zone lungo il tracciato del gasdotto, lo scenario che ha portato alla chiusura del gasdotto rischia di ripetersi. » Il calo del prezzo del petrolio e la stagnazione della domanda globale stanno penalizzando anche le finanze pubbliche del Sud Sudan, che dipendono per oltre il 90% dall’oro nero.
– Annuncio-
Belgium