Niente, niente, nada… Se ascoltate Catherine Vautrin, ministro del partenariato territoriale e del decentramento. “Gli eletti locali non sono responsabili, non cerchiamo colpevoli”. Lo ha detto ieri a Le Figaro, lo ha ribadito questa mattina sull’Inter, da Sonia Devillers.
Tesoro, in piena stagione congressuale (assemblea dei dipartimenti di Francia la settimana scorsa, dei sindaci di Francia, in questo momento), con il clou, la visita, giovedì, di Michel Barnier. Tutto odora di terapia delle coccole.
Sulla scia di un Senato, Camera e paladino della democrazia locale, che si prepara a revocare la finanziaria, con non più 5, ma 2 miliardi di euro di sforzi sulle comunità. A Matignon e a Catherine Vautrin siamo aperti, diciamo stretti, a patto di trovare i 3 miliardi di risarcimento.
Cosa intendi quando parli di “terapia delle coccole”?
Non è amnesia, è memoria improvvisamente selettiva. Già perché è un governo di ministri che hanno sperimentato il dietro le quinte, la gestione di una comunità, e che, per alcuni, lo fanno ancora, cumulativamente: Nicolas Daragon è a Beauvau, mentre è sindaco di Valence.
Eppure non mancano le segnalazioni, molto critiche sul livello di spesa!
Quali?
Uno presentato a maggio da Boris Ravignon, sindaco di Charleville Mézières e presidente di Ardenne Métropole. Sul costo della sovrapposizione di competenze tra enti locali: 7,5 miliardi di euro l’anno!
Un rapporto che risuona con quello dell’ex ministro del Bilancio Eric Woerth, che va a caccia di duplicazioni e sostiene un chiarimento delle competenze con le ricette frecciate che l’accompagnano.
E poi possiamo citare la Corte dei Conti (a inizio ottobre), che raccomanda di tagliare la forza lavoro delle comunità: 100mila posti di lavoro di troppo, secondo i magistrati, che rappresenterebbero un risparmio di poco più di 4 miliardi di euro l’anno dal 2030.
E i funzionari eletti lo sentono?
Fa male alle loro orecchie. Per diversi motivi.
Innanzitutto perché gli eletti locali sono soggetti ad una regola d’oro: è loro vietato votare per un bilancio operativo squilibrato. Se le comunità si indebitano, è per investire. Nella transizione ecologica in particolare.
Poi perché lo sforzo richiesto, 5 miliardi su 40, gli sembra sproporzionato. Il loro deficit, nel 2023, era pari allo 0,35% del Pil. Lo Stato? 15 volte di più. In proporzione, le comunità dovrebbero quindi fare uno sforzo, non di 5 miliardi, ma di 2 miliardi e mezzo.
È solo una questione di numeri?
No, è qualcosa di più profondo. Il grande disagio è quando ti vengono date delle responsabilità, quando ti vengono date le competenze, senza il budget sostenibile che ne consegue. Esempio: il rilascio dei documenti d’identità, trasferiti dalle prefetture ai comuni. Per questo hai bisogno di macchine e quindi di agenti per portare a termine questa missione. Sui fondi comunitari.
Continuo: la polizia municipale. Lo Stato è molto felice di condividere questa missione sovrana. Si tratta di 2,2 miliardi di euro ogni anno a carico dei Comuni. Lo Stato ama fare annunci positivi, su colazioni gratis, mense a 1 euro, piani per la bicicletta. Ma dietro a ciò, chi lo finanzia nel tempo? Chi paga il punto indice maggiorato per i dipendenti pubblici territoriali? Da qui la confusione: chi annuncia non è più sempre chi fa. E se si ferma, diamo la colpa all’eletto locale!
Quindi, per rispondere alla tua domanda: invece di buttare indietro il mistigri, dovremmo, una volta per tutte, restituire leggibilità al millefoglie francese.
La legge 2 del decentramento, nel 2003, ha stabilito il principio di sussidiarietà. L’abilità viene esercitata al livello più rilevante. È ancora necessario che ogni livello sia autonomo per poter aumentare l’imposta corrispondente al gradino della scala!
Il decentramento nasconde la ricentralizzazione fiscale. Lo abbiamo visto sulla tassa sulla casa. Luigi XIV è morto, ma non Colbert.