Il favorito francofono 2024 – Giorno 1

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Marjo. I Fouf. Marjo aux Foufs. Sì, hai letto bene! Questo incontro, tanto improbabile quanto esplosivo, ha avuto luogo giovedì sera, nell’ambito del Coup de coeur francophone, durante una serata in cui la folla era così fitta che sospettiamo che i Foufs fossero “più che pieni”…

Marjo aux Foufs è molto più di un concerto: è l’incontro di due forze indomabili, entrambe apparse all’inizio degli anni ’80 e che hanno plasmato l’anima ribelle del Quebec. Marjolène Morin, la prima rocker del Quebec, ha ispirato diverse generazioni di artisti con la sua passione e la sua energia pura. Quanto agli Electric Foufounes, epicentro indiscusso della cultura underground del Quebec, sono stati testimoni di alcune delle pagine più audaci della scena musicale del Quebec.

Ci aspettavamo niente di meno che un momento da antologia per questo incontro tra due leggende del rock. Non siamo rimasti delusi…

Evita la nostalgia ancorando i successi passati al momento presente

Marjo, come ben sappiamo, ha iniziato la sua ascesa con il gruppo Corbeau, al crocevia degli anni ’80, un’epoca tanto leggendaria quanto fondamentale per il rock del Quebec. Anche dopo essere passata da solista, le canzoni di Corbeau non hanno mai abbandonato il suo repertorio. È inoltre con Illegale che ha aperto la serata, tra il delirio dei suoi fedeli.

La trappola della nostalgia è difficile da evitare per qualsiasi artista di culto che rivisita successi di 30, anche 40 anni. Molti falliscono offrendo concerti banali che sembrano esistere solo per ricostituire i fondi per una meritata pensione. Marjo ha dimostrato ieri, a 71 anni, che il rock scorre ancora nelle sue vene, come una fonte inesauribile di giovinezza.

Marjo era, è ancora e sarà sempre una vera bestia da palcoscenico. Proprio ieri lo ha dimostrato. La sua passione e quel qualcosa di imprevedibile ti fanno credere che tutto possa succedere in qualsiasi momento. Bastava vederla calcare i palchi di un locale leggendario, dove più di un leggendario rocker ha lasciato il segno, per rendersi conto che sfida il tempo con eccezionale vitalità. Marjo è del calibro di Mick Jagger, sfidando i decenni che passano, affascinando il pubblico come pochi artisti sanno fare.

Durante i 75 minuti del concerto si è spostata da un’estremità all’altra della stanza, eseguendo calci acrobatici e break rock’n’roll. L’acustica della piccola stanza ha mostrato che Marjolène è ancora vocalmente forte, e non sembra nemmeno senza fiato durante una performance molto aerobica.

Dopo aver interpretato Quello che vaha detto:

Non pensare all’età. Basta andare avanti. Stai con il mondo.

Poco prima di lanciare una sequenza molto rock di Raven, ha osato spogliare le foglie, togliendosi la cravatta e la camicetta bianca. Molto vicino al palco, abbiamo ascoltato, sia da uomini che da donne, molteplici variazioni di “Estie que est hot!” »

Ieri Marjo aveva tutti in tasca. È riuscita a connettersi con ogni persona presente, guardandola negli occhi, toccando le sue mani e sorridendo davanti alle telecamere. La sua band ci ha anche gettato in faccia una roccia molto solida.

Ha lasciato il palco, sottolineando l’audacia e l’importanza del festival francofono Coup de coeur, perché “ci spacchiamo il culo per cantare in francese”.

Ieri Marjo è riuscita a farci dimenticare che cavalca gli stessi successi da decenni ancorandoli al momento presente e sfidando così la trappola della nostalgia. Quella che poteva essere una serata interessante ma insipida rimarrà per sempre impressa nella memoria di chi non si è sbizzarrito con il Labatt 50 che scorreva a fiumi.

Alphonse Bisaillon: una meraviglia sull’album e sul palco

È stato il cantautore Alphonse Bisaillon ad avere l’odioso compito di aprire la serata. Odioso, perché già alle 20, buona parte del pubblico era già molto “caldo” e, a priori, poco propenso a prestare attenzione a un artista solo davanti alla sua tastiera.

Colui che è cresciuto a Saint-Hyacinthe ha rapidamente trasformato l’odioso in una benedizione. Riuscì presto a conquistare, con la sua verve colorita e i suoi interventi delicatamente divertenti e graffianti, un pubblico inizialmente distratto.

In uno scatto di autoironia che caratterizza la sua carriera, ha eseguito un estratto da Alfonsoquesta canzone di Lynda Lemay che inizia con “Il mio nome è Alphonse, non è colpa mia, sono i miei genitori che me lo hanno fatto”. Poi, strizzando l’occhio al mondo del rap, ha aperto le ostilità con un diss track Linda. Un modo molto intelligente di mostrare mordente ad un pubblico affamato di rock.

Da solo al pianoforte, non è certo riuscito a rivelare tutta la ricchezza musicale del suo omonimo album, che combina ritmi diversi come rock, tango e disco. Tuttavia, ha magistralmente dimostrato di avere le carte in regola per essere un artista incredibile sul palco.

Indossando una maglietta con l’immagine della regina della serata, ha concluso la sua esibizione con un cappello a fiamma in testa. Per usare liberamente un’espressione popolare: dietro ogni regina c’è un re. Questo re, ieri sera, era davvero Alfonso. Domare una folla sovraeccitata a Les Foufs, con solo un pianoforte come arma, è certamente un’impresa degna di un re.

Tanto di cappello a Bisaillon. Non c’è dubbio che non mancheremo, quanto prima, di vederlo in uno spettacolo tutto suo.

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