Di Etienne Henry, consulente indipendente di diritto internazionale e docente all’Università di Neuchâtel.
La Corea del Nord sta violando il diritto internazionale sostenendo la Federazione Russa?
Dobbiamo innanzitutto interrogarci sui termini e sulle condizioni concrete imposte all’invio delle truppe, che è tuttavia difficile verificare alla luce della limitatezza delle informazioni attualmente disponibili. La questione è importante perché determina in che misura gli atti e le omissioni commesse dalle truppe nordcoreane sarebbero giuridicamente attribuibili alla Russia o alla Corea del Nord e quale di questi due Stati potrebbe essere ritenuto responsabile di tali fatti. Sono possibili due ipotesi:
Secondo il primo, pur agendo di concerto con la Russia, le truppe schierate rimarrebbero controllate dalla Corea del Nord e quest’ultima sarebbe quindi direttamente responsabile di eventuali violazioni che dovessero essere commesse. Partecipando così direttamente alla guerra, la Corea del Nord si renderebbe colpevole di una violazione del divieto di uso della forza (art. 2, comma 4, della Carta delle Nazioni Unite). In una sentenza del 1986 nel caso relativo a Attività militari e paramilitari in e contro il Nicaragua (Nicaragua c. Stati Uniti d’America)la Corte ha distinto, a seconda della loro gravità, diverse tipologie di violazioni del suddetto divieto, che vanno dalla “semplice[s] incidente[s] confine” ad atti di aggressione (punti 195 e 247 della sentenza).
In questo caso, e soprattutto considerando il numero significativo di persone coinvolte (diverse migliaia di soldati), una tale violazione potrebbe senza difficoltà essere qualificata come aggressione armata. Infatti, l’articolo 3 della definizione di aggressione, allegata alla risoluzione 3314 (XXIX) dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, elenca in particolare, tra gli atti che soddisfano le condizioni di un atto di aggressione: [l]“invasione o attacco nel territorio di uno Stato da parte delle forze armate di un altro Stato” (lett. UN)) e « [l]attacco delle forze armate di uno Stato contro le forze armate […] di un altro Stato” (let. D)). Non sarebbe diverso se le truppe nordcoreane fossero schierate solo sul territorio russo – nella regione di Kursk – poiché bisogna considerare che le operazioni militari che l’Ucraina sta svolgendo lì sono di legittima difesa.
Secondo una seconda ipotesi, la Corea del Nord sarebbe sul punto di mettere i contingenti interessati interamente a disposizione della Russia, che li incorporerebbe nelle proprie formazioni, facendo loro addirittura indossare uniformi russe. I militari nordcoreani che agirebbero sotto il controllo della Russia verrebbero quindi legalmente assimilati ai soldati russi. Solo la Russia potrebbe quindi essere ritenuta direttamente responsabile delle loro azioni, in particolare di eventuali crimini di guerra (art. 6 degli articoli del 2001 della Commissione di diritto internazionale (ILC) sulla responsabilità degli Stati per atti illeciti a livello internazionale). Si può tracciare un parallelo con il caso dei contingenti di “Caschi Blu” messi a disposizione delle Nazioni Unite dagli Stati nell’ambito di operazioni di peacekeeping: nella misura in cui il controllo su tali contingenti è esercitato dall’ONU, solo questi ultimi possono essere ritenuti responsabili delle loro azioni. Quanto alla Corea del Nord, non poteva quindi essere considerata responsabile degli atti e delle omissioni dei soldati messi a disposizione della Russia. Uno scenario del genere ricorda la posizione della Repubblica popolare cinese riguardo all’invio dell’Esercito Volontario Popolare Cinese nel contesto della guerra di Corea.
In questo secondo scenario, la Corea del Nord non può essere considerata uno Stato aggressore allo stesso modo della Russia. Infatti, il fatto di mettere truppe a disposizione di un altro Stato non costituisce di per sé un atto di aggressione. Se la risoluzione 3314 (XXIX) prevede chiaramente che mettere a disposizione il proprio territorio affinché possa essere utilizzato per perpetrare un atto di aggressione (come è avvenuto per la Bielorussia, almeno durante la prima fase del conflitto fino alla disfatta delle truppe russe in la regione di Kiev) costituisce di per sé un’aggressione (art. 3, lett. F)), non dice nulla sulla messa a disposizione di truppe per un altro Stato. Ma il comportamento della Corea del Nord non sarebbe necessariamente conforme al diritto internazionale. La sua illegittimità dovrebbe, tuttavia, essere valutata esclusivamente attraverso il prisma della nozione di “complicità” (art. 16 degli Articoli ILC del 2001), la cui applicazione appare facile, alla luce delle posizioni assunte dall’Assemblea Generale in merito l’illegalità dell’invasione russa (vedi ad esempio la risoluzione ES-11/1 del 2 marzo 2022) e il fatto che la stessa Corea del Nord sia tenuta a rispettare la Carta.
Spetta a tutti gli Stati astenersi dal riconoscere come legittima la situazione creata da una grave violazione degli obblighi derivanti da norme imperative del diritto internazionale generale (legge vincolante) o per fornire assistenza nel mantenimento di tale situazione (art. 41 degli articoli ILC del 2001). La Corte internazionale di giustizia (ICJ) ha avuto occasione di ricordare l’importanza dei doveri di astensione e di non riconoscimento degli Stati terzi nei casi di annessione, nel suo recente parere consultivo del 19 luglio 2024. L’Assemblea Generale condanna da tempo la occupazione temporanea e annessione della Repubblica autonoma di Crimea e della città di Sebastopoli, che essa affermava di non riconoscere (vedi in particolare risoluzione 71/205, del 19 dicembre 2016). Per quanto riguarda il “tentativo di annessione illegale” delle regioni ucraine di Luhansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhia, è stato denunciato dall’Assemblea Generale il 12 ottobre 2022 (vedi risoluzione ES/-11/4).
La Corea del Nord si pone in contrasto con questo dovere di non riconoscimento poiché è uno dei rari stati ad aver riconosciuto la sovranità russa sia sulla Crimea che sulle regioni recentemente annesse nel 2022. Inoltre, indipendentemente dal grado di controllo che mantiene (o no) sulle sue truppe, dando il suo sostegno alla Russia, la Corea del Nord agirebbe in contraddizione con il suo dovere di astenersi da fornire assistenza per mantenere la situazione risultante dall’occupazione illegale e dall’annessione delle regioni ucraine da parte della Russia – un dovere che sembra già essere violato fornendo armi alla Russia.
Con il Trattato di partenariato strategico globale tra la Repubblica popolare democratica di Corea e la Federazione Russa del 19 giugno 2024, ratificato il 5 novembre 2024, le parti si sono reciprocamente impegnate a fornirsi assistenza reciproca in caso di invasione, in conformità con il diritto di legittima difesa previsto dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Ci si può aspettare che un’implementazione efficace sia preceduta dal ricorso a questa disposizione. Il trattato, tuttavia, non definisce le modalità concrete che dovrà assumere l’assistenza fornita ai sensi di tale disposizione e non consente pertanto di determinare in quale delle due ipotesi qui considerate avverrebbe lo spiegamento di truppe in Russia. È opportuno sottolineare a questo proposito che la questione del controllo è puramente fattuale e che il quadro giuridico dato dagli Stati alla loro cooperazione, pur potendo fornire utili indicazioni al riguardo, non ne fornisce solo la soluzione.
Quali conseguenze dovremmo trarne in termini di diritto dei conflitti armati?
In virtù del principio di uguaglianza dei belligeranti, il fatto che la Corea del Nord diventi uno Stato aggressore non mette in alcun modo in discussione la rilevanza del diritto dei conflitti armati. Quest’ultima si applica senza distinzione in base alla natura o all’origine del conflitto o alle cause sostenute dalle parti (preambolo del I Protocollo Aggiuntivo dell’8 giugno 1977 alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 relative alla protezione delle vittime della guerra internazionale) conflitti armati).
Se la Corea del Nord mantenesse il controllo sulle forze armate dispiegate, scatenerebbe un conflitto armato internazionale con l’Ucraina. Sarebbe poi tenuta a rispettare i propri impegni in questo ambito – come, ad esempio, le quattro Convenzioni di Ginevra del 1949. A questo proposito va notato che la Corea del Nord non ha aderito ad alcuni trattati ai quali sia Russia che Ucraina sono partiti. Indipendentemente da ciò, tutte le parti in conflitto restano tenute a rispettare in ogni circostanza le norme del diritto internazionale umanitario consuetudinario.
Al contrario, se l’esercito nordcoreano fosse posto sotto l’autorità e il controllo della Russia, quest’ultima sarebbe tenuta a garantire che rispettino in tutto e per tutto i propri impegni. La Corea del Nord non potrebbe quindi essere considerata parte del conflitto armato. Non sarebbe tuttavia esonerato dai suoi obblighi in questo settore: dovrebbe adottare misure in particolare per “garantire” il rispetto delle Convenzioni di Ginevra da parte delle sue truppe (art. 1 comune delle Convenzioni di Ginevra del 1949). Inoltre, qualora venissero commesse gravi violazioni delle suddette convenzioni, avrebbe l’obbligo di ricercare i responsabili – soprattutto al loro ritorno nel Paese – e di deferirli ai suoi tribunali o di consegnarli per un processo ad un altro tribunale. Partito dello Stato.
Quali conseguenze dovremmo trarne in termini di responsabilità internazionale?
La Corea del Nord dovrebbe riparare il danno causato all’Ucraina a causa dei suoi atti illeciti a livello internazionale. Tale riparazione assumerebbe principalmente la forma di un risarcimento per danni materiali, come è avvenuto ad esempio in un caso deciso dalla Corte internazionale di giustizia nel 2022. A causa dell’illegalità in linea di principio dell’assistenza militare della Corea del Sud, la Corea del Nord potrebbe essere tenuta a risarcire l’Ucraina non solo per danni materiali e perdite causati da violazioni del diritto dei conflitti armati, ma anche per danni causati secondo il diritto dei conflitti armati. Per facilitare l’attuazione di tale obbligo, il mandato del Registro dei danni causati dall’aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina istituito dal Consiglio d’Europa – con il mandato di “registrare, in forma documentale, prove e informazioni relative alle richieste di risarcimento risarcimento relativo a danni, perdite o pregiudizi causati dalla Russia a persone fisiche o giuridiche o allo Stato ucraino – danni causati dalla Corea del Nord.
Infine, va sottolineato che i leader politici e militari nordcoreani che avessero preso la decisione di schierare le truppe potrebbero essere accusati di aver commesso un crimine di aggressione contro l’Ucraina, in prima persona o come complici dei funzionari russi. Sezione 8bis dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale definisce il crimine di aggressione come “la pianificazione, preparazione, iniziativa o esecuzione da parte di una persona effettivamente in grado di controllare o dirigere l’azione politica o militare di uno Stato, un atto di aggressione che, per la sua natura, gravità e portata, costituisce una chiara violazione della Carta delle Nazioni Unite”. Sebbene tale disposizione non sia applicabile nel caso di specie poiché né la Corea del Nord né la Russia sono parti dello Statuto, è riconosciuto che le norme relative alla responsabilità penale degli individui per il reato di aggressione hanno rilevanza anche per il diritto internazionale consuetudinario applicabile indipendentemente di ogni impegno convenzionale. Ma resta aperta la questione davanti a quale giurisdizione potrebbe svolgersi un simile processo.