“Il mondo è fatto di erbivori e carnivori, se decidiamo di rimanere erbivori, vinceranno i carnivori », ha avvertito giovedì Emmanuel Macron ai suoi partner europei. Questa dichiarazione, al vertice della Comunità politica europea, suona come un avvertimento di fronte all'ascesa al potere di Donald Trump negli Stati Uniti. Il nuovo inquilino della Casa Bianca non farà alcun favore agli europei e difenderà gli interessi americani. Se l’Europa resta sincera di fronte agli sconvolgimenti del mondo, sarà rovinata.
Il mondo di oggi sta attraversando una svolta senza precedenti verso il protezionismo, una ritirata che non era stata così marcata dai tempi della grande ondata di liberalismo che seguì la caduta del Muro di Berlino. La globalizzazione, che l’Europa percepisce ancora come una promessa di prosperità e di pace, sta diventando oggi un’arena dove ognuno difende i propri interessi, senza illusioni e senza quartiere. Mentre Stati Uniti, Cina e Russia adattano le loro strategie a un mondo diventato incerto e multipolare, l’Europa sembra paralizzata.
Non è forse giunto il momento che l’Unione passi dall’immobilità alla lucidità?
Donald Trump, rieletto presidente degli Stati Uniti, incarna questa tendenza al ritiro pragmatico, senza alcun attaccamento morale se non alla patria. «Prima l'America» non è solo uno slogan; è una logica implacabile di interesse nazionale. E se questa logica può sembrare cinica, è comunque una strategia per la sopravvivenza in un mondo in cui la multipolarità non offre né arbitro né rete di sicurezza. Cosa sta facendo l’Europa in questo periodo? Guarda al futuro con gli occhiali di ieri, quelli di un mondo dove il libero scambio era solo sinonimo di arricchimento reciproco. Questa Europa, alle prese con la reindustrializzazione, la sovranità digitale e la strategia di difesa, sembra persa in un mondo in cui l’idealismo non è più sufficiente.
L’Europa incatena l’Europa
Non è forse giunto il momento che l’Unione passi dall’immobilità alla lucidità? I cinesi non sono più sedotti dal discorso di un mondo globalizzato; si armano, si proteggono, si impongono. Gli americani si stanno trasferendo, erigendo muri e costruendo un capitalismo protezionistico. L'Europa, dal canto suo, continua a vigilare gelosamente sul rispetto delle regole sul deficit e sulle finanze pubbliche degli Stati membri, talvolta rallentando essa stessa lo sviluppo delle proprie forze. Da qui nasce un paradosso che sembra rasentare l’assurdo: l’Europa incatena l’Europa. Per svegliarsi, forse, bisognerebbe, al contrario, liberare gli Stati membri e sostenere i loro progetti ambiziosi.
L’Europa deve smettere di essere un’utopia tecnocratica e diventare uno strumento di potere politico
Perché la sovranità, dopo tutto, non può esistere senza potere. La storia degli imperi ci insegna che solo il potere crea la pace. Oggi dobbiamo difendere la nostra libertà di restare attori del nostro destino; la nostra ambizione non è più un lusso. E questa ambizione richiede un profondo riorientamento. Il risveglio dell’Unione Europea non può più limitarsi al rispetto delle regole di bilancio. La Banca Centrale Europea, ad esempio, potrebbe diventare il fulcro di una nuova ambizione europea: quella di investire in ricerca, tecnologia digitale, difesa ed ecologia. Invece di essere un semplice garante dell’austerità di bilancio, l’Europa deve diventare un motore economico per sostenere gli Stati membri.
Il resto dopo questo annuncio
Perché aspettare aiuti casuali da alleati che cambiano, quando la stessa Europa potrebbe diventare una forza di investimenti, prosperità e difesa? La nostra memoria collettiva ricorda le tragedie causate dalle divisioni; Dalla Guerra dei Trent'anni al 14-18, la debolezza europea spesso ne ha accelerato la caduta. Gli Stati Uniti non sono lì per salvare l’Europa dai propri errori; lo dimostrarono già durante la prima guerra mondiale, intervenendo tardi e mettendo un prezzo alle loro alleanze. Ma oggi la situazione è ancora più precaria. Con un’America più isolazionista, che vede l’Europa come un alleato condizionato e che fa valere i propri interessi, l’Europa si ritrova isolata, vulnerabile in un mondo che è diventato ancora una volta conflittuale.
Alcuni a Bruxelles sognano ancora un’Europa sovranazionale, disincarnata, senza legami profondi con le sue nazioni. Hanno torto. Hobbes e Clausewitz ci ricordano una realtà brutale: la natura umana, e soprattutto quella delle nazioni, si basa sulla forza, sull'interesse e sulla volontà di potenza. L’Europa può ancora permettersi di ignorare questa verità?
Per non abbandonarsi ad un lento e rassegnato declino, l’Europa deve, paradossalmente, restituire potere agli Stati che la compongono. È tempo di liberarli dal soffocante controllo delle regole sul deficit; queste regole, limitando gli investimenti in infrastrutture, innovazione e difesa, hanno spesso rallentato il nostro adattamento alla modernità. Che l’Europa diventi un attore nella produzione di ricchezza, e non un semplice regolatore.
Alcuni diranno che questa proposta minaccia lo spirito stesso dell’Europa, che flirta con il ritiro nazionale. Ma l’indipendenza non è una negazione della pace e della cooperazione. Se vuole sopravvivere non ha scelta: l’Europa deve smettere di essere un’utopia tecnocratica e diventare uno strumento di potere politico. L’elezione di Trump ci ricorda chiaramente che, facendo troppo affidamento sulla protezione degli Stati Uniti, l’Europa si è disarmata. Deve agire, e agire rapidamente. Perché c’è un prezzo per la sincerità, e questo prezzo, per le civiltà, è spesso chiamato declino.