Scritto da AFP et Manon Loubet
condividi questo articolo:
Mentre il processo in rue d'Aubagne a Marsiglia si apre questo giovedì, 7 novembre 2024, parla la madre di Julien, morta all'età di 30 anni in questi crolli. Originaria del Perù, ora vive in Normandia.
Gli essenziali del giorno: la nostra selezione esclusiva
Ogni giorno la nostra redazione vi riserva le migliori notizie regionali. Una selezione solo per te, per rimanere in contatto con le tue regioni.
France Télévisions utilizza il tuo indirizzo email per inviarti la newsletter “L'essenziale del giorno: la nostra selezione esclusiva”. Potrai cancellarti in ogni momento tramite il link in fondo a questa newsletter. La nostra politica sulla privacy
Sei anni dopo il dramma di rue d'Aubagne, in cui è morto suo figlio Julien, Liliana Lalonde spera che il processo – che inizierà giovedì 7 novembre 2024 – faccia riflettere “tutti quelli che hanno fatto male il loro lavoro” et “si sono riempiti le tasche”.
La sua voce rimane calma, perfino sommessa, quando menziona “quelli che potevano fare qualcosa e non l’hanno fatto”. Liliana Lalonde elenca la lunga lista di fallimenti, dalla perizia pasticciata del 65 di rue d'Aubagne il 18 ottobre 2018 all'inazione del curatore di fronte ai timori degli inquilini.
Altrettanti “cose fatte male” che portò al disastro del 5 novembre 2018, quando otto persone, tra cui il figlio più giovane di 30 anni, furono travolte dalla caduta di un edificio nel centro di Marsiglia.
Ces “persone irresponsabili” deve capirlo “ogni atto ha conseguenze che possono essere molto, molto gravi”dice. La morte improvvisa di Julien in questo lunedì mattina piovoso, “un dramma assoluto” per la sua famiglia, deve dare “qualcosa di positivo”continua in un francese esitante questa donna peruviana che vive oggi in Normandia.
Julien, un giovane descritto all'unanimità come “molto socievole”, per i quali gli amici erano una famiglia, di cui tutti sentivano ancora la mancanza. La sua nipote più giovane chiede di nuovo, “perché Julien non è qui” per il suo compleanno, quando aveva “promessa”.
“Per sei anni abbiamo cercato di trovare la pace” riassume Liliana Lalonde: “Ciò che mi aiuta ad andare avanti è dire a me stesso che questo ha messo il dito su un problema enorme”quello delle abitazioni povere.
Lei accoglie il “sforzi” impiegati in particolare per verificare lo stato degli appartamenti, “preventivo”. Ma, si lamenta, “C’è ancora molto da fare e tutti devono essere coinvolti, compreso il governo, perché non è solo Marsiglia”.
Vicina ai genitori della giovane italiana Simona Carpignano, Liliana vorrebbe che i parenti delle vittime di rue d'Aubagne continuassero a incontrarsi regolarmente“ma piuttosto parlare dei vivi che dei morti: parlare di tutti coloro che sono stati sfollati, di tutti coloro che ancora fanno tanta fatica ad alzare la testa”.
Questo processo, al quale intende assistere durante le sei settimane di udienze, le permetterà, spera, di farlo “essere in grado di andare avanti”e ritorno a Marsiglia “per altri motivi”. Perché, nonostante la tragedia, Liliana Lalonde non incolpa questa città che suo figlio ha tanto amato.
È stato Julien a fargli riscoprire Marsiglia. Conosceva la seconda città della Francia, poiché aveva lavorato in Perù per l'IRD (Istituto di Ricerca e Sviluppo), la cui sede è a Marsiglia. “All’epoca visitavo il porto, le insenature”, ma è stato suo figlio a farglielo scoprire “la vera città, l’altro lato.”
Julien, che lavorava nel turismo e aveva visitato molte città e paesi diversi, amava il cosmopolitismo del suo quartiere di Noailles. “Mi ha detto: ‘Qui viaggio sempre’”ricorda Liliana.
Julie PACOREL/AFP