Walvis Bay si sta trasformando. Conosciuto per il suo porto peschereccio e la sua piattaforma di carico di minerali, le banchine del porto principale della Namibia (l’unico porto in acque profonde) ora vedono passare le navi che effettuano trivellazioni petrolifere. Non lontano da lì, nella zona industriale, si trovano i servizi legati all’industria petrolifera. Se Walvis Bay è teatro di tanta abbondanza, è perché a 280 chilometri dalla sua costa, i fondali del bacino dell’Orange, vicino a una catena di antichi vulcani sottomarini, sono pieni di oro nero.
Nel 2022, l’annuncio da parte della francese TotalEnergies della scoperta di un immenso giacimento petrolifero, stimato in oltre 3 miliardi di barili, ha dato il via a molteplici missioni esplorative effettuate dalle principali compagnie petrolifere occidentali. Da allora, la Namibia è diventata un centro esplorativo. Le scoperte si susseguono. Le riserve offshore sono stimate a 11 miliardi di barili.
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“La Namibia presenta le prospettive di idrocarburi più entusiasmanti del momento”afferma Mike Cooper, esperto del settore petrolifero presso Trove, società di consulenza specializzata. Le major petrolifere concentrano lì le loro risorse. TotalEnergies, ad esempio, ha destinato metà del suo budget esplorativo alla Namibia nel 2023 e circa un terzo nel 2024. Il gruppo francese dovrà annunciare la sua decisione finale di investimento nel 2025.
Il futuro colosso petrolifero
Lo sfruttamento del greggio a partire dal 2030 dà speranza a questo vasto paese popolato da soli 2,5 milioni di abitanti della possibilità di una crescita economica senza precedenti. Le autorità di Windhoek suggeriscono che la produzione di petrolio potrebbe raddoppiare il Pil della Namibia entro il 2040. Attualmente stimata in oltre 500.000 barili al giorno, la capacità di estrazione renderebbe il Paese dell’Africa meridionale il quinto produttore africano dopo Nigeria, Libia, Angola e Algeria.
La crescita della Namibia, la seconda nazione meno densamente popolata del pianeta, è già in gran parte basata sull’industria estrattiva. I ricavi delle miniere di uranio, litio e diamanti rappresentano attualmente circa il 15% del PIL e il 60% delle esportazioni.
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Uno scenario “simile a quello della Guyana è molto probabile”ha confidato Patrick Pouyanné, amministratore delegato di TotalEnergies, in un’intervista a Bloomberg nell’aprile 2024, riferendosi al piccolo paese sudamericano la cui produzione di petrolio, iniziata nel 2019, ha triplicato il suo PIL in quattro anni e ha generato una crescita inaspettata (62% in 2022, 38% nel 2023).
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