Scoperta di un rarissimo oggetto tinto di porpora, che per i romani valeva più del suo peso in oro

Scoperta di un rarissimo oggetto tinto di porpora, che per i romani valeva più del suo peso in oro
Scoperta di un rarissimo oggetto tinto di porpora, che per i romani valeva più del suo peso in oro
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Si tratta di un oggetto archeologico raro e unico nel suo genere, identificato nell’ambito del progetto di riscoperta della Carlisle romana (Cumbria, Inghilterra nord-occidentale) – Luguvalium, in epoca britannica occidentale.

Durante gli scavi effettuati nel 2023 nei locali di un club di cricket della città, che nascondono bagni pubblici dell’Impero Romano, è stata identificata una misteriosa sostanza di colore rosso violaceo. Le analisi hanno dimostrato che probabilmente veniva utilizzato per produrre la porpora di Tiro, un pigmento che un tempo valeva più di tre volte il suo peso in oro.

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Dal rarissimo “viola imperiale” al Carlisle

Si tratta più precisamente delle fogne legate ad un edificio monumentale, che ospitano le terme pubbliche realizzate nel III secolo d.C. aC – durante il regno dell’imperatore romano Settimio Severo (146-211) – che fu ritrovato il curioso pezzo.

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Dalle analisi effettuate dagli esperti dell’Università di Newcastle è emerso che conteneva cera d’api, oltre a livelli di bromo, un elemento chimico che a temperatura ambiente si presenta come un liquido bruno-rossastro.

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Secondo i ricercatori si tratta probabilmente di un campione solido di “porpora di Tiro” o “porpora di Tiro”, un pigmento prezioso molto apprezzato nell’antichità per il suo colore viola intenso e vibrante, utilizzato per tingere tessuti e tessuti.

La sua produzione era, tuttavia, un processo laborioso e costoso, che richiedeva una grande quantità di lumache di mare dalle acque costiere vicino alla città di Tiro (l’attuale Libano), in particolare, per estrarne una piccola quantità – fino a 12.000 molluschi per soli 1 grammo di tintura, secondo le stime.

Per la sua rarità e qualità, la porpora di Tiro era considerata un simbolo di status e ricchezza. Nelle civiltà antiche era riservato alla nobiltà e alle classi dirigenti: dall’età del bronzo ai persiani, da Alessandro Magno a Carlo Magno, dai romani ai bizantini, imperatori e re si vestivano dell’inaccessibile rosso violaceo.

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“Per millenni il viola di Tiro è stato il colore più costoso e ricercato al mondo”conferma in un comunicato Frank Giecco, archeologo della società Wardell Armstrong coinvolta negli scavi di Carlisle.

Anche il ritrovamento di un campione solido come quello dell’antica città romana costituisce una scoperta insolita, sottolinea: “Questo è l’unico esempio che conosciamo nel Nord Europa – e forse l’unico esempio di un campione solido di pigmento nel ‘magazzino’ di pigmenti pittorici inutilizzati nell’Impero Romano.”.

Sempre più legami con la Corte di Settimio Severo?

Secondo gli specialisti, è infatti probabile che un tempo fosse utilizzato per dipingere affreschi. “Esempi di questo sono stati trovati nei dipinti murali (come in Pompei) e anche in alcune bare dipinte di alto rango della provincia romana dell’Egitto”, precisa Frank Giecco. Perché se la porpora di Tiro veniva usata per tingere i vestiti, il pigmento veniva utilizzato anche per colorare le pareti dei grandi edifici pubblici, delle proprietà delle élite… comprese le terme romane.

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Va inoltre notato che mentre il colorante veniva prodotto principalmente intorno alla città di Tiro, migliaia di conchiglie venivano frantumate in tutte le coste del Mediterraneo orientale, in particolare nel Nord Africa e al largo delle coste del Marocco.

Ma l’imperatore Settimio Severo era originario della Libia – era nato nella città di Leptis Magna, passata sotto l’autorità della Repubblica Romana alla fine della Terza Guerra Punica – e sua moglie Giulia Domna era originaria della Siria, allora una delle province romane più importanti dell’Impero.

La presenza del campione solido di porpora di Tiro a Carlisle, combinata con altre prove provenienti dagli scavi, supporta ulteriormente l’ipotesi che questi famosi stabilimenti balneari fossero associati in qualche modo alla corte di Settimio Severo, situata a York (allora Eboracum), e potrebbero forse da collegare ad una visita imperiale all’antica Luguvalium. Già nel gennaio 2024, scoperte archeologiche puntavano in questa direzione: all’inizio del III secolo, Carlisle sarebbe stata in qualche modo (seppur provvisoria) il centro dell’Impero Romano.

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Le monumentali Terme di Carlisle costituiscono il più grande edificio romano conosciuto sul Vallo di Adriano. Gli scavi effettuati da centinaia di archeologi volontari dal 2021 hanno già portato alla luce più di 2.800 scoperte significative: 550 monete romane; 300 forcine; tegole imperiali stampate; Tubi ad arco in stile nordafricano per la costruzione del tetto; centinaia di perle di vetro; 70 intagli, pietre scolpite cadute da anelli romani e sciolte nel calore delle terme; due immense teste di pietra, forse rappresentanti Settimio Severo e sua moglie…

I prossimi scavi, guidati da volontari – i cui posti sono limitati, ma aperti a tutti – sono previsti dall’11 maggio al 15 giugno per svelare i restanti misteri del sito. È visitabile per tutta la durata della ricerca, dal lunedì al sabato dalle 10:00 alle 15:00.

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